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Maltrattamenti in famiglia: la Polizia di Stato arresta 58enne

È un incubo durato più di 10 anni, fatto di violenze e vessazioni, quello che ha vissuto una donna 56enne della provincia di Frosinone, prima di decidere di denunciare tutto alla Polizia e far arrestare il marito.
L’uomo, operaio 58 enne, originario della provincia di Latina, è stato condotto in carcere questa mattina presto, dagli investigatori della Squadra Mobile, che hanno eseguito l’ordinanza di custodia cautelare per il reato di maltrattamenti in famiglia, emessa dal G.I.P. del tribunale di Frosinone, dott.ssa Ida Logoluso, su richiesta del Pubblico Ministero dott.ssa Rita Caracuzzo.
Le indagini della Questura di Frosinone sono iniziate nell’aprile scorso, quando la vittima, esausta dopo l’ennesimo pestaggio che l’ha costretta alle cure del pronto soccorso di Frosinone, ha deciso di denunciare tutto ai poliziotti della sezione della Squadra Mobile, specializzata proprio nei reati di genere e contro i minori.
Tutto è cominciato quando la donna, spinta ancora una volta dal cieco amore verso il marito, ha deciso di riaccoglierlo in casa, dopo che l’uomo, nel 2003, era uscito dal carcere per aver scontato una pena per reati analoghi.
Il carattere violento dell’uomo non ha tardato a riemergere e subito sono iniziate le vessazioni, fatte di insulti, minacce e pestaggi.
A fare da volano alle aggressioni dell’uomo, erano i suoi vizi per il videopoker e l’alcool che lo portavano a consumare presto il suo stipendio da operaio e pretendere ed ottenere dalla donna anche la sua modesta pensione sociale.
A nulla valevano le proteste della donna che così si vedeva privare anche dei minimi mezzi di sostentamento per la famiglia ed i figli, vittime anch’esse del clima di terrore e di violenza domestica.
Se l’uomo non otteneva subito quanto da lui richiesto, scattavano le ritorsioni che andavano dai gesti più folli, come smontare la cinghia della lavatrice per impedire alla moglie di usarla, a quelli più violenti che spedivano puntualmente la donna in ospedale.
Ben 11 infatti sono stati i referti di pronto soccorso acquisiti dagli investigatori nel corso dei riscontri eseguiti dopo la denuncia della vittima; tutti i certificati raccontano di lesioni e contusioni, con svariati giorni di prognosi, che la donna, vittima del clima di terrore, ha sempre preferito attribuire a fantomatiche cadute. In altre circostanze si è addirittura allontanata dall’ospedale prima che i sanitari potessero compilare il referto, proprio per evitare domande indiscrete.
Tutto questo fino all’ultimo episodio di pestaggio e ricovero al pronto soccorso, che nell’aprile scorso ha spinto la donna a trovare il coraggio di denunciare l’aguzzino e liberare se stessa e suo figlio 30enne dall’incubo domestico in cui vivevano.

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