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Razzismo o autodifesa? il significato dei termini dopo aver subito un furto

ROMA - La sensazione è quella di non essere più sicuri neanche dentro casa e fatti come quelli accaduti ieri in un ufficio a Roma, conferma che è realmente così.

Il campanello suona e qualcuno apre la porta. Un ragazzo, dall’apparente aria mite, di circa 28/30 anni, con un italiano appena accennato misto al rumeno, chiede una informazione e un foglio; viene lasciato entrare per spiegare meglio la sua necessità e nell’ufficio cerca di far capire ai dipendenti di cosa ha bisogno. Gli viene dato il foglio che poggia su una scrivania per meglio gesticolare le sue esigenze comunicative.

Poi, quando mostrandosi deluso dal fatto che ciò che in apparenza cercava non era in quella sede, ha recuperato quel foglio, ha salutato e se ne è andato portando via un telefono di ultima generazione. Il foglio poggiato sulla scrivania è stato lo stratagemma per derubare chi si prodigava per cercare di aiutarlo nelle sue finte necessità. Un inganno vile scoperto solamente dopo che il giovane è andato via e, viene da dire, meno male.

Se il furto fosse stato scoperto nel suo compimento certamente avrebbe provocato la reazione dei presenti. Gente per bene, tranquilla nel proprio ambiente, contro chi è capace di entrare in ambienti altrui con intenzioni da malavitoso e certamente pronto a tutto per tirarsi fuori dai guai, magari anche con una coltellata.

“Hanno sbagliato ad farlo entrare” diranno certamente in tanti, gli stessi che, nel caso in cui il giovane fosse stato lasciato sull’uscio, avrebbero gridato al razzismo. Il senso di tutto ciò è proprio questo; in Italia chi si difende o si tutela è razzista.

Ermanno Amedei

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