VALLECORSA – “E’ un rarissimo caso di lupara bianca in cui viene ritrovato il corpo della vittima”. Lo ha detto il colonnello Fabio Cagnazzo alla conferenza stampa che si è svolta questa mattina al comando provinciale di Frosinone, a cui hanno preso parte i vertici provinciali dell’Arma, in merito all’omicidio di Capirchio. Ieri, il corpo del pastore 59enne di Vallecorsa scomparso il 23 ottobre, è stato ritrovato sul fondo di una cavità carsica in una zona impervia di Lenola (Lt) nota solamente ai pastori della zona.
Ed infatti, ascoltando proprio loro, i pastori e gli agricoltori che battono quotidianamente la zona con le loro greggi, i carabinieri sono arrivati a quel buco tra le rocce, largo non più di 70 centimetri, nascosto da cespugli, che dava accesso ad un angusto ambiente sottostante profondo circa 10 metri, in fondo al quale le luci dei ricercatori hanno illuminato alcuni sacchi di juta. È stato necessario l’intervento del Corpo nazionale Alpino e speleologico di Roma per arrivare a quei sacchi e scoprire che contenevano i resti di un uomo a cui erano state tagliate braccia e garba, contenute in un sacco, mentre in un altro sacco, in un unico pezzo, erano contenuti il busto e la testa. Il “macellaio” gli aveva evitato la decapitazione. Attorno altre buste che contenevano resti di animali. Un luogo difficile da raggiungere anche per predatori selvatici, al cui operato, probabilmente, l’autore o gli autori dell’efferatezza aveva affidato il compito di distruzione. Lo stato di decomposizione, però, era avanzatissimo e l’odore, proveniente da una delle sacche rotte a causa dell’impatto con il fondo del pozzo, raggiungeva anche la superficie.
Tre ore, hanno impiegato i tecnici del soccorso alpino, per effettuare il recupero e affidarlo alle forze dell’ordine per il traporto nell’obitorio dell’ospedale di Frosinone. Lì il corpo è stato ricomposto al meglio e verrà sottoposto ad una serie di accertamenti per scoprire la causa della morte e se è la stessa che gli investigatori hanno ipotizzato: colpi di fucile. In carcere, accusato di questo omicidio e per l’occultamento di cadavere è finito lo scorso 12 dicembre Michele Cialei, anche lui pastore di Vallecorsa e che aveva avuto con la vittima grossi dissidi. I due si erano più volte picchiati per motivi di pascolo. Nel corso delle indagini, tracce di sangue di Capirchio erano state ritrovate nella sua auto. Così come un paio di guanti da lavoro, anche questi rinvenuti dai carabinieri imbrattati di sangue. Elementi che avevano fatto ipotizzare che Capirchio, ormai morto, era stato anche sezionato. “Un lavoro che non poteva essere compiuto da un solo uomo – ha detto il colonnello – Ecco perché è indagato anche ilo figlio di Cialei”. Il giovane avrebbe detto che la mattina della scomparsa di Capirchio, e quindi dell’aggressione sui pascolo a Vallecorsa, era andato dal barbiere a Lenola. Ma quel lunedì mattina il barbiere era chiuso. Ma si ipotizza che anche un terzo personaggio abbia quantomeno favorito l’occultamento del cadavere.
Come si è arrivati a quel “buco” in località Ambrifi a Lenola? Si sapeva che nella zona l’ex suocero di Cialei aveva una proprietà e che quindi l’indagato conoscesse bene la zona. Ma ci si è arrivati anche grazie all’esperienza di un carabiniere, il luogotenente Angelo Pizzotti, Comandante del Norm di Frosinone, una pietra miliare del comando provinciale.
Pizzotti, prestò per anni servizio proprio a Lenola. Conosceva quindi i luoghi e soprattutto la gente. Aiutato dai pastori, lui e i suoi uomini, hanno mappato tutte le cavità carsiche della zona esplorandone a decine fino ad arrivare a quella di ieri, a quanto pare, senza l’aiuto degli autori dell’omicidio e dell’occultamento di cadavere. I sacchi di juta, inoltre, sarebbero compatibili con le attività pastorali e agricole dei Cialei
Ermanno Amedei