ATTUALITA’ – Tutti quanti hanno avuto bisogno di una trasfusione di sangue prima degli anni ’90 potrebbe essere stato contagiato da epatite di tipo B o tipo C, se non addirittura da Hiv. Oggi il rischio è ridotto al minimo grazie ad accurati controlli dei donatori che, però, all’epoca non venivano fatti. Ecco perché oggi sono in piedi circa 100mila contenziosi con lo Stato per i risarcimenti.
Il fenomeno è quello conosciuto come del “Sangue Infetto”, una problematica a cui il settimanale Cronaca Vera ha dato ampio spazio intervistando l’avvocato Renato Mattarelli di Formia che segue decine di casi e che ben conosce ciò che le vittime devono affrontare, sia dal punto di vista legale che umano, per ottenere giustizia.
“Sono malattie che si scopre di avere anche a decenni dal contagio; restano latenti e i sintomi, spesso, vengono scambiati per altre patologie e che condizionano una intera esistenza se, non addirittura, la stroncano portando alla morte”.
L’avvocato segue e ha seguito molti casi e, dal punto di vista umano hanno tutti hanno lo stesso percorso reazionale e le stesse paure che portano all’isolamento. Spesso ci si accorge di essere malati anche dopo anni dal contagio e, magari, in quel periodo, considerando che l’epatite, ad esempio, ha tra i suoi sintomi la stanchezza, si è stati additati anche come fannulloni o pigroni. A tutto questo si aggiunge poi la rabbia e la frustrazione nel sapere di aver contratto la malattia da chi, invece, doveva curarti.
“Si calcola che – dichiara Mattarelli – nel nostro Paese ci siano circa un milioni di malati di epatite B e si stima che ve ne siano tra i 2 e i 3 milioni di malati di epatiti C molti dei quali non sanno di esserlo. Sono malattia che possono restare silenti per 30-40 anni”.