ROMA – Due distinte attività investigative dalla Sezione Archeologia del Reparto Operativo Comando Carabinieri Tutela Patrimonio Culturale hanno permesso di recuperare prezzi archeologici pregiati trafugati nel corso degli anni.
La prima indagine trae origine dal controllo di alcune operazioni di movimentazione di ingenti somme di denaro da parte di facoltosi imprenditori, per l’acquisto di beni d’arte. In particolare, l’attenzione degli investigatori si è focalizzata su un immobiliarista romano che, senza che vi fosse alcuna conoscenza da parte degli Uffici competenti del Ministero dei Beni e delle Attività Culturali e del Turismo (MiBACT), aveva allestito un piccolo museo privato con decine di reperti archeologici.
A seguito degli approfondimenti, la Procura della Repubblica presso il Tribunale di Roma, concordando con le risultanze investigative, ha disposto una perquisizione domiciliare, nel corso della quale sono state rinvenute decine di reperti archeologici, prevalentemente ceramici, databili tra il IV sec. a.C. ed il II sec. d.C.. Tra i beni spiccano, per interesse storico-artistico, alcuni crateri di ottima fattura e due eccezionali teste da coroplastica architettonica, una taurina ed una equina, verosimilmente pertinenti un gruppo scultoreo di notevoli dimensioni. Le indagini stanno proseguendo per l’identificazione dei correi, nonché per l’individuazione delle aree archeologiche di provenienza dei beni, la cui localizzazione potrebbe consentire anche importanti scoperte scientifiche. I reperti, su disposizione dell’Autorità Giudiziaria, verranno restituiti alla Soprintendenza competente, per la pubblica fruizione.
La seconda operazione, invece, si è sviluppata a seguito dell’attività di monitoraggio dei siti internet, sempre più frequentemente utilizzati per la commercializzazione di beni archeologici di provenienza illecita. In particolare, su un profilo Facebook, riconducibile ad un sito “Marketplace”, veniva posto in vendita un frammento di colonna romana in tufo. I conseguenti accertamenti presso la Soprintendenza per i Beni Archeologici del Lazio, hanno permesso di riscontrare l’assenza della prevista denuncia di detenzione, a qualsiasi titolo, del reperto posto in vendita da parte dell’inserzionista. Informata la Procura della Repubblica di Velletri, competente per territorio, delegava l’esecuzione di una perquisizione locale ai danni del venditore, a seguito della quale è stato rinvenuto e sequestrato il rocchio di colonna, che i funzionari del MiBACT hanno indicato provenire dal sito dell’antico abitato di Ardea.