FROSINONE – Quale abbinamento, si dirà: in effetti si tratta solo di costatazioni e divagazioni scaturite da certe realtà che distinguono la provincia di Frosinone. L’altro giorno ebbi il privilegio di entrare nella abitazione di un ciociaro certamente non comune, non solo nella provincia ma in tutta la Ciociaria e cioè la casa di un collezionista d’arte. E quando mai si parla anzi si opera, di arte, specie al di qua dei Lepini e degli Aurunci? Su tutto si ha occasione di esprimersi fuorché su arte, proprio perché siamo a Frosinone, l’ultima o la penultima dei capoluoghi italiani, stando alle statistiche: Frosinone, riferiscono, ha un solo primato: di essere stata, con Campobasso, tra i più alti consumatori di cemento armato del Paese e, oggi, di possedere uno stadio calcistico di carattere olimpionico! I risultati si vedono in giro e quando si ascolta parlare: il degrado, scientifico! Il collezionista d’arte è un altro mondo: è vero, non è indispensabile essere collezionista per far valere e capire che cosa sia l’arte, ma se si pensa che in tutta la provincia, escludendo qualche struttura religiosa, non c’è una galleria o pinacoteca o museo d’arte, in cui trattenersi e sollevarsi, senza menzionare la assoluta e criminale e sistematica assenza di iniziative e manifestazioni artistiche raccomandabili e gratificanti, fatti salvi i musei archeologici abbastanza frequenti, allora tutto diventa più leggibile, anche i primati di FR soprattutto. E’ comunque senza dubbio motivo di riflessione il fatto che al di là delle Alpi, per esempio in Francia o in Isvizzera o in Germania, è arduo non rinvenire anche nei paesi di tremila abitanti almeno il museo civico del territorio! E a FR e provincia? Alatri? Veroli? Anagni? Cassino?… Nemmeno questo: zero. Se poi si ricorda gli uomini politici che hanno calcato e ancora, pur se ridotti, continuano a calcare le scene, allora si capisce che il risultato di tali presenze semplicemente nefaste per il bene pubblico non poteva e non può essere che quello che ci circonda. Ma qui ci arrestiamo, per non urtare troppo le suscettibilità.
Prima di continuare col nostro amico collezionista, ricordo al lettore che in Ciociaria abbiamo avuto almeno due altri appassionati e allo stesso tempo anche mecenati e cioè i cugini Ingrao di Lenola che hanno arricchito coi loro lasciti, l’uno il Museo d’Arte Moderna di Cagliari con opere del Novecento di primissimo livello e l’altro arredato alcuni ambienti di Villa Torlonia di Roma con opere grafiche. Il collezionista che mi riceve in casa fa parte di coloro che affianco alla propria attività professionale coltiva anche i propri interessi artistici e altro merito insospettabile, coltiva essenzialmente la espressione artistica concernente la Ciociaria o addirittura creata da ciociari stessi: infatti, e questo è uno dei più imperdonabili torti che si arreca alla Ciociaria, si ignora che essa è anche terra di arte e di cultura! La prima immagine che mi offre questo amatore d’arte sono due piccole statue poggiate sul marmo bianco di un cassettone Luigi XVI intarsiato e la visione è quasi mozzafiato: si tratta del volto di un satirello in terracotta che più espressivo e fedele alla tradizione mitologica non si poteva immaginare: un sorriso ammiccante, sensuale, invitante e quei riccioli e ciocche del capo che nella loro spontaneità sono quasi una filigrana, tanto perfetti e naturali: a Palazzo Massimo a Roma si ammira un satiro di epoca romana pure in terracotta che fuori di dubbio ha funto da motivo ispiratore. Perché quel sorriso invitante e voglioso che la iconografia tradizionale ha descritto tanto bene così tante volte? Perché affianco a lui, sull’altro lato del cassettone, è presente la scultura, in marmo bianco, di una Venere accosciata, piegata sulle gambe, come la tradizione scultorea antica spesso tramanda: il satiro che insidia e seduce.
La Venere e il Satiro, uno spiraglio della mitologia classica è stato ricreato e ricostruito con sagacia e con fortuna da questo illuminato amante d’arte. Il bello è che non sono sculture rinvenute sulle bancarelle o in internet: sono opere quasi eccezionali, comunque fuori dell’ordinario, messe assieme nell’arco degli anni con ricerca e studio e soldi, di due artisti ciociari della provincia frusinate: il satirello in terracotta, prestigioso gioiello per qualità e per resa introspettiva, di Domenico Mastroianni probabilmente uno dei massimi modellatori dell’epoca e la scultura in marmo, di cui esiste una replica al Museo di Arte Moderna di Venezia, è opera squisita e irraggiungibile di un altro grande ciociaro e cioè Amleto Cataldi. Peccato che la collettività non ne possa godere, grazie alla catastrofale insensibilità nonché insensato cinismo delle sue istituzioni pubbliche prima di tutto e poi private.
Michele Santulli