Roma – Condanna a 12 anni di carcere ciascuno per Alessio Di Bernardo e Raffaele D’Alessandro per l’accusa di omicidio preterintezionale.
Sono due dei cinque carabinieri coinvolti nella morte di Stefano Cucchi il 31enne di Roma deceduto nell’ospedale Sandro Pertini nel 2009 sette giorni dopo essere stato arrestato per droga dai carabinieri della stazione Appia.
Due anni e sei mesi al loro collega Francesco Tedesco accusato di falso e tre anni e otto mesi per falso al maresciallo comandate di stazione Roberto Mandolini. Assolto il quinto carabiniere Vincenzo Nicolardi.
Dieci anni e otto ore di camera di consiglio ci sono voluti per arrivare a questa sentenza che sostanzialmente accetta come plausibile la ricostruzione fatta dalla pubblica accusa nella fase dibattimentale del processo che si è svolto in corte d’assise nell’aula bunker di Rebibbia.
Stefano Cucchi muore il 22 ottobre 2009 nell’ospedale Pertini di Roma dove era sottoposto a custodia cautelare dopo essere stato arrestato sei giorni prima dai carabinieri della stazione Appia. Secondo la ricostruzione fatta dal sostituto procuratore Giovanni Musarò nella fase dibattimentale che si è svolta tutta all’interno dell’aula bunker del carcere di Rebibbia dove oggi è stata pronunciata la sentenza, il ragazzo arrestato per droga dai carabinieri una settimana prima della morte, sarebbe stato picchiato selvaggiamente durante le fasi di fotosegnalamento da Di Bernardo e D’Alessandro.
Nella fase del pestaggio era presenta anche un terzo carabiniere, Francesco Tedesco, che condivideva con i colleghi la stessa accusa oltre al falso e alla calunnia. A processo inoltrato, le dichiarazioni di Tedesco sono diventate le principali armi dell’accusa dato che il militare ha raccontato una versione diversa rispetto a quella per la quale, finirono sotto processo i tre agenti della penitenziaria poi assolti. Furono i colleghi, ha raccontato Tedesco, a picchiare il geometra scagionandosi dall’accusa di omicidio tanto che lo stesso pm ha chiesto e ottenuto per lui pene solamente per il falso e la calunnia. L’altra figura di peso nella vicenda Cucchi, la pubblica accusa l’ha individuata nel maresciallo comandante della stazione Appia. Lui avrebbe coperto e calunniato come fece Tedesco. “Oggi e stato stabilito che mio fratello non è morto di suo ma ucciso di botte” ha detto la sorella della vittima Ilaria Cucchi.