Il coronavirus è stata la miccia che ha innescato, tra ieri e oggi, violenti disordini nei carceri italiani. Nel Lazio, dopo i penitenziari di Frosinone e Cassino, la Protesta oggi è dilagata anche in quelli di Regina Coeli e Rebibbia a Roma, nel carcere di Velletri e in quello di Viterbo.
Ad innescarli, in tutti i casi, è stata la notizia del ridimensionamento delle visite dei parenti dovute al rischio contagio ma anche alla paura stessa di essere contagiati in carcere.
A Rebibbia c’è stata la protesta piú accesa, sia dentro le mura carcerarie dove per lunghe ore i detenuti si sono appropriati degli spazi del penitenziario incendiando anche materassi e arredi, sia all’esterno dove un nutrito gruppo di familiari di detenuti si è riunito davanti l’ingreasso di via Tiburtina bloccando la strada.
Più volte i manifestanti, per lo più donne, sono venuti al contatto fisico con il cordone di poliziotti schierati che ne hanno contenuto la spinta evitando che arrivassero al cancello. Una delle manifestanti è salita sul cofano di un’auto della polizia e gli agenti hanno faticato non poco per farla scendere.
Ad animare la protesta dei parenti dei detenuti era una notizia che loro sostenevano di avere in merito a due casi di positivitá al coronavirus riscontrati e mantenuti nascosti all’interno del carcere. Mentre all’interno delle mura la situazione tornava normale grazie all’intervento deciso della celere e dei penitenziari, all’esterno la situazione sembrava non volersi rasserenare fino a quando è stato permesso ad una delegazione di manifestanti di entrare e di sincerarsi dell’inesattezza della notizia relativa ai contagi.
Alle 19 circa la protesta si è sciolta e il traffico è tornato a scorrere anche sulla via Tiburtina.