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Latina – Braccianti agricoli pagti 4 euro l’ora per lavorare dieci ore al giorno per 26 giorni al mese. La più classica delle condizioni di caporalato che ha portato all’arresto di due coniugi di Latina.

Ad eseguire le ordinanze di misura cautelare del Giudice per le indagini preliminari del tribunale pontino sono stati gli agenti della polizia di Stato che hanno notificato anche il divieto di dimora nella provincia di Latina a 3 soggetti.

Ai cinque vengono contestati reati che, a vario titolo, vanno dall’intermediazione illecita e sfruttamento del lavoro e per violazioni al testo unico sugli stranieri in materia di lavoro subordinato a tempo determinato e indeterminato. L’operazione odierna i poliziotti hanno sequestrato due società agricole, di proprietà dei coniugi ed attive nel settore ortofrutticolo e florealistico.

L’indagine è nata  tra ottobre e novembre dello scorso anno e gli investigatori sostengono di aver ricostruito un collaudato sistema di reclutamento e sfruttamento di numerosi braccianti agricoli, italiani e stranieri, impiegati ed utilizzati con modalità illecite all’esclusivo servizio di due aziende, dei due coniugi. Le aziende prelevano, a mezzo di automezzi della stessa ditta, con alla guida dipendenti con funzioni di autista, i lavoratori nei pressi delle loro abitazioni e più precisamente in punti di raccolta ben precisi posti anche nei comuni limitrofi, per condurli prima nell’azienda principale e poi dividerli sui campi.

I braccianti viaggiavano in condizioni di scarsa sicurezza stipati con grave pericolo per la loro incolumità per arrivare sui campi dove lavoravano per fino a dieci ore, per 25/26 giorni al mese, senza che agli stessi venisse riconosciuto alcun tipo di straordinario per le ulteriori ore prestate, senza alcuna copertura sanitaria, senza alcuna retribuzione aggiuntiva in caso di festività o riposo settimanale e senza presidi antinfortunistici o di sicurezza. I lavoratori percepivano una paga che oscillava fra i 500 e gli 800 euro al mese corrispondente a meno di 4 euro all’ora.

L’indagine è stata innescata da un lavoratore, di nazionalità indiana, privo di permesso di soggiorno e di contratto di lavoro, il quale, costretto dalla necessità di sopravvivere nonché di mantenere in vita il suo stesso nucleo familiare rimasto nel paese di origine, si era sottomesso alle più svariate vessazioni in campo lavorativo e non. Le attività di osservazione degli investigatori presso le aziende agricole di proprietà dei due coniugi ubicate a Latina, ha permesso di accertare come numerosi braccianti agricoli, manodopera rappresentata da cittadini italiani e stranieri, in prevalenza indiani, i quali, mediante furgoni o l’utilizzo di biciclette o ciclomotori, giungevano in massa alle azienda a partire dalle 7 circa fino alle 17.

Oltre ai due titolari delle aziende, che beneficiavano delle prestazioni lavorative acquisite in evidenti condizioni di sfruttamento e approfittando dello stato di bisogno dei braccianti, sono emerse le responsabilità di ulteriori soggetti, indagati in concorso che, seppur con posizioni marginali ed indubbiamente condizionati dalle direttive dei coniugi titolari, hanno agevolato il protrarsi della condizione di soggezione fisica e psicologica. In particolare, emergono le posizioni di alcuni dipendenti di tali società, due soggetti con funzioni di controllore, nonché di un terzo soggetto, controllore ed incaricato ad impartire ordini, tutti riconosciuti dai lavoratori come coloro che erano soliti rivolgere loro minacce di licenziamento laddove avessero rallentato la produzione.

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