Cassino – La casa circondariale di Cassino resta un punto fermo nel sistema carcerario nazionale, e con esso, gli agenti della polizia penitenziaria che si occupano della sua sicurezza interna al carcere.
Meriti, quelli degli agenti penitenziari, troppo spesso non riconosciuti dalla società perché il loro lavoro si svolge al “chiuso”, lontano da chi guarda e ne giudica gli sforzi così come avviene per altre forze di polizia. Un lavoro, però, fondamentale per la tenuta di un sistema giudiziario del Paese in particolar modo, in questa fase di estrema emergenza dovuta al coronavirus. Non a caso, i disordini temuti dato il momento di incertezza, ha avuto sfogo in alcuni istituti di pena. A Cassino sono stati contenuti.
“La polizia penitenziaria in questa situazione emergenziale ha affrontato un periodo molto particolare e delicato nella gestione dei detenuti, i quali nonostante le limitazioni stabilite a livello nazionale per tutti i cittadini, hanno comunque fruito dei diritti loro concessi”.
Lo ha detto il Comandante della polizia penitenziaria del carcere di Cassino Grazia Azzoli a Il Punto a Mezzogiorno. “Ai ristretti -ha detto Azzoli- sono state difatti concesse le telefonate straordinarie in misura superiore rispetto a quelle regolarmente autorizzate ed i cosiddetti colloqui skipe, un nuovo sistema attivato nel brevissimo tempo, nonostante la Direzione non fosse preparata a questo nuovo sistema con tutte le difficoltà che ne sono derivate dal punto di vista burocratico, contrariamente a quanto affermato e pubblicizzato all’esterno nella società”.
La polizia penitenziaria spesso lavora dietro le quinte “e pochi comprendono quando sia difficile il lavoro quotidiano di fronte alle emergenze quotidiane che caratterizzano un penitenziario che prevede, a differenza del vecchio sistema, il regime aperto, ossia l’apertura per diverse ore al giorno dei detenuti dalle camere detentive. Soprattutto in questa fase emergenziale –continua il comandante- i poliziotti penitenziari, e non i cosiddetti secondini o guardie carcerarie, hanno svolto attività lavorativa oltre l’ordinario, con un forte stress non solo fisico ma anche psicologico, poiché il compito del poliziotto penitenziario non è ‘programmabile’, spesso affronta situazioni critiche ed imprevedibili nella gestione dei detenuti che spesso sono soggetti psichiatrici, oppure individui che vantano pretese arbitrarie”.
Allo stesso modo sono stati garantiti fin dall’inizio “i colloqui telefonici e visivi con i legali, tant’è che è stato concesso l’accesso in istituto ai difensori, con tutti i rischi da covid-19, soprattutto nella fase iniziale, avendo avuto notevoli difficoltà nel reperimento di mascherine e kit di protezione, i quali sono beni di assoluta necessità considerato il contesto lavorativo composto da numerose unità di Polizia penitenziaria e di civili, anche di soggetti esterni che vi accedono a qualunque titolo”.
Nonostante il divieto di movimentazione, i familiari, provenienti da varie zone anche fuori regione, “si sono recati in istituto per effettuare i pacchi e versare somme di denaro ai ristretti, venendo in tal modo a contatto –sottolinea la Azzoli- con gli operatori penitenziari addetti a tale servizio con grave pericolo di contagio da covid-19. I poliziotti dunque espletano i compiti istituzionali, con la consapevolezza che quando si recano a casa dalla famiglia spesso trascorrono il resto della giornata con la paura di essere stati contagiati e di contagiare a loro volta i loro cari.
E’ ben nota, la complessa situazione gestionale della popolazione detenuta che tende ad ottenere, in questo periodo, benefici e modifiche normative con sistemi arbitrari ed illeciti. Al fine di contrastare tale fenomeno, tutti gli operatori penitenziari si attivano quotidianamente con varie opere di persuasione nei confronti dei detenuti, al fine di evitare azioni pericolose per l’ordine e la sicurezza dell’istituto. È opportuno, secondo codesto Comandante di reparto della Casa Circondariale di Cassino- conclude Azzoli- ringraziare ed elogiare meritevolmente l’operato del personale di polizia penitenziaria, un corpo che, effettua un lavoro pubblico ‘essenziale’ a favore dell’utenza, anche con il rischio di ledere le proprie condizioni di salute in questa fase epidemiologica, non potendo godere del privilegio di rimanere a casa”.
Ermanno Amedei