PUGLIA. Durante i lavori di rifunzionalizzazione della Pulo, dolina carsica alla periferia della città di Molfetta, indagata agli inizi del novecento dal dottor Massimiliano Mayer che ci ha lasciato una dettagliata relazione nella pubblicazione “Le stazioni preistoriche di Molfetta”, i dottori archeologi Alessia Amato e Nicola de Pinto, nell’ambito delle azioni di archeologia preventiva e sotto la guida scientifica della dottoressa Anna Maria Tunzi, funzionario archeologo della Sabap, hanno rinvenuto un idoletto neolitico. La scultura, ottenuta dalla lavorazione di un ciottolo calcareo, restituisce incisioni e tratti rappresentati tratti definiti a T . “Il reperto votivo, proveniente, forse, da ambito funerario, ed attualmente in corso di studio presso la Soprintendenza, è attribuibile alla fase neolitica di occupazione del sito. Nello specifico – leggiamo nel comunicato stampa del comune di Molfetta– la presenza sul retro di una incisione con un motivo a zig-zag permetterebbe di collocare l’oggetto tra la fase media e finale del neolitico (VI – V millennio a.C.)”.
L'idoletto di Molfetta (Fonte Comune di Molfetta)
L’idoletto rinvenuto nella dolina Molfettana ora farà compagnia, metaforicamente, all’esemplare salentino che proviene da Arnesano, nella Valle della Cupa, e che è meritatamente esposto al Museo MarTa di Taranto ed al centro degli interessi di studio e delle azioni di divulgazione che l’Arch. Paolo Pati porta avanti dal 1982. Nel sito web istituzionale del Marta Lab, laboratorio di artigianato digitale del Museo Archeologico Nazionale di Taranto, si può consultare la scheda del reperto arnesanense e concentrarsi nella lettura della storia del rinvenimento. “Nel 1968, ad Arnesano, durante i lavori di scavo di un pozzo, venne intercettata una tomba a grotticella, dotata di un pozzetto e di una piccola camera a volta chiusa da un lastrone. La tomba conteneva uno scheletro inumato in posizione rannicchiata. Facevano parte del corredo funerario alcuni vasi decorati nello stile tipico della fase recente del Neolitico dell’Italia meridionale (4500-4000 a.C. circa), noto come Diana-Bellavista, insieme a un idoletto in pietra, un reperto piuttosto raro nelle manifestazioni artistiche del Neolitico italiano. L’idoletto presenta solo la testa scolpita, con le arcate sopracciliari e il naso realizzati secondo uno schema semplice definito a T (il cosiddetto “volto a civetta”). L’idoletto, insieme ad altre categorie di manufatti come ad esempio le statuine antropomorfe, gli elementi zoomorfi e antropomorfi stilizzati impressi, dipinti o graffiti su vasi, i vasi zoomorfi e le pintadere, documenta gli aspetti ideologici propri delle società neolitiche”.
L'Idoletto di Arnesano ( Fonte Museo MarTa)
Ciascuno di questi due idoletti, rinvenuti in contesti topograficamente e morfologicamente differenti e distanti, allo stato delle conoscenze, ci consentono di delineare in modo eloquente le caratteristiche delle comunità neolitiche mediterranee già dedite ad attività artistiche e prettamente simboliche legate al culto della terra e dei morti. Tali realtà archeologiche vanno dunque lette in modo chiaro come il risultato delle dinamiche sociali conseguenti le innovazioni in agricoltura in contesti già animati da villaggi con capanne, recintati da fossati o muri in pietra, dediti all’allevamento di ovicaprini, bovini e suini.