Diciannove arresti nella storia del clan spaccato dall’infedeltà della moglie di un boss
26 Gennaio 2021Santi Cosma e Damiano, Castelforte e comuni limitrofi, l’appendice più a sud della regione Lazio al confine con la Campania, era stata scelta come sede di quello che la procura distrettuale antimafia di Roma definisce organizzazione di tipo mafioso a cui facevano riferimento due altre associazioni dedite al traffico di stupefacenti. Un convincimento nato in seguito ad una indagine svolta dal comando provinciale dei carabinieri di Latina e che ha portato, questa mattina all’arresto di 19 persone e ad effettuare 30 perquisizioni.
Due associazioni, quindi, che un tempo erano una sola ma che si sono scisse, secondo quanto ricostruito dall’antimafia, in seguito alla relazione sentimentale, aspramente criticata tra la moglie del nipote di un boss, con il cugino dell’altro boss. Una operazione che ha visto impiegati circa 200 carabinieri con l’ausilio di elicotteristi e di unità cinofile dell’Arma. I reati cointestati vanno dall’associazione per delinquere di tipo mafioso, associazione finalizzata allo spaccio di sostanze stupefacenti, detenzione illegale di armi comuni da sparo, estorsione, rapina, danneggiamento ed incendio, tutti delitti aggravati dal metodo mafioso. Il lavoro investigativo ha permesso di ricostruire l’attività di un’associazione di tipo mafioso, operante nel sud Pontino, e più specificatamente nel territorio di Castelforte, Santi Cosma e Damiano e comuni limitrofi, capeggiata da Antonio Antinozzi il quale, a seguito di scissione dai clan campani dei Mendico e dei Riccardi, aveva costituito un gruppo autoctono strutturato su base familiare che, avvalendosi di metodi violenti e intimidazioni, mediante l’uso di armi ed ordigni esplosivi, aveva creato un clima di assoggettamento ed omertà tra la popolazione.
Contestualmente è stata accertata l’esistenza di due associazioni dedite al narcotraffico, gestite rispettivamente dalla famiglia Mendico, i fratelli Ettore e Maurizio e dalla famiglia Antinozzi, Antonio ed il figlio Decoroso. L’indagine, denominata Anni 2000, è partita nel dicembre del 2015 e si è conclusa nel gennaio del 2020. La maggior parte dei destinatari della misura cautelare, tutti residenti a Santi Cosma e Damiano, ad eccezione di uno attualmente domiciliato a Monaco di Baviera, già nel 2007 erano stati riconosciuti come appartenenti al clan “Mendico-Riccardi”, la cui esistenza era stata acclarata dalla Corte di Assise di Latina a seguito di un’indagine (denominata Anni 90), sempre condotta dal Nucleo investigativo di Latina. La relativa sentenza, emessa nel luglio 2009, confermata dalla Corte d’Appello di Roma il 15 ottobre 2010 e ribadita dalla Cassazione nel 2012, aveva riconosciuto l’esistenza fino al 2001, sul territorio della provincia di Latina, di una organizzazione di stampo mafioso, collegata alla più vasta organizzazione criminale del clan dei Casalesi, promossa diretta ed organizzata da Ettore Mendico e Orlandino Riccardi e a cui apparteneva, quale partecipe, tra gli altri, Antonio Antinozzi. Tale associazione di stampo camorristico aveva acquisito la gestione monopolistica di interi settori imprenditoriali e commerciali ed il controllo dei comuni di Santi Cosma e Damiano e Castelforte, attraverso il ricorso all’uso delle armi al fine di arginare organizzazioni criminose rivali.
A partire dall’anno 2013, a seguito della scarcerazione dei componenti del sodalizio criminale Mendico-Riccardi, sono avvenuti nel sud-pontino una serie di episodi di matrice camorristica. Principalmente colpi di arma da fuoco indirizzati i portoni di casa o di uffici di imprenditori, titolari di alberghi o di agenzie di pompe funebri.
La concomitanza di questi episodi con la remissione in libertà degli esponenti del clan hanno indotto a ritenere possibile una riorganizzazione del sodalizio criminale, motivo per il quale sono state avviate le indagini all’esito delle quali sono stati individuati due diversi gruppi criminali. Il primo, secondo gli investigatori, fa capo a Antonio Antinozzi, alias “trippetta” il quale, staccatosi dal clan Riccardi-Mendico di cui era partecipe, ha costituito un’autonoma associazione di stampo mafioso strutturata su base familiare ed una propria associazione a delinquere operante nel traffico di stupefacenti del tipo cocaina e hashish.
Tale sodalizio camorristico, di cui sono stati accertati collegamenti con il clan Parisi di Bari per la gestione delle sale slot, era dedito principalmente alle estorsioni e agli attentati incendiari o agli atti intimidatori posti in essere per indurre i titolari delle attività commerciali presenti in Castelforte e Santi Cosma e Damiano alla corresponsione di somme di denaro all’organizzazione. Nelle intercettazioni Antinozzi si lamenta del fatto che, mentre in passato gli imprenditori si rivolgevano direttamente al clan camorristico per la cosiddetta “messa a posto”, ora invece l’organizzazione era costretta a porre in essere attentati incendiari per ottenere le somme di denaro. Il secondo gruppo è riconducibile a Ettore Mendico, dedito esclusivamente allo spaccio di sostanze stupefacenti del tipo cocaina, hashish e marijuana.
Le motivazioni della scissione dei due sodalizi, originariamente appartenenti allo stesso gruppo, erano da ricondurre alla relazione sentimentale, aspramente criticata perché in violazione al codice d’onore delle organizzazioni criminali, fra Maria Rosa Falso, moglie di Viccaro Giuseppe nipote di Antinozzi Antonio, con Antonio Mendico, cugino di Ettore Mendico capo dell’omonimo Clan.