Roma – Mancavano pochi minuti alle 18 di ieri quando la Suprema Corte di Cassazione ha messo definitivamente la parola fine alla vicenda giudiziaria legata alla morte di Marco Vannini confermando le condanne per la famiglia Ciontoli a 14 anni per Antonio Ciontoli (omicidio volontario con dolo eventuale), a 9 anni e 4 mesi la moglie Maria Pezzillo e i figli Federico e Martina (concorso anomalo in omicidio volontario).
“Finalmente è stata fatta giustizia per Marco”. Lo hanno detto Valerio Vannini e Marina Conte, i genitori di Marco. La Cassazione ha appena pronunciato la sentenza di colpevolezza quando moglie e marito sono usciti in lacrime dalla sobria aula per abbracciare I familiari e gli amici in festa.
“Sono stati sei anni lunghissimi in particolare il primo. Avevamo perso Marco da poco e il processo stava prendendo una brutta piega”. Il perdono? “Ne riparliamo alla fine della pena” dice Valerio e la moglie Marina aggiunge “soprattutto quando decideranno di raccontare la verità”. Martina ha detto che vorrebbe abbracciarli. “Durante gli altri processi non ci ha degnato di uno sguardo. Adesso scrivono letterine e vogliono abbracci”.
Marco Vannini, 20 anni di Cerveteri è morto il 17 maggio 2015 nella casa dei genitori della fidanzata Martina Ciontoli a Ladispoli. La Suprema Corte di Cassazione ha deciso di respingere le richieste avanzate dalla famiglia Ciontoli di riportare il processo per una terza volta in Corte d’appello. Ha quindi confermato la sentenza pronunciata il 30 settembre scorso dalla seconda sezione di Corte d’assise d’appello di Roma.
Marco è morto in seguito al ferimento accidentale dovuto all’esplosione di un colpo di pistola impugnata dal padre della fidanzata, Antonio Ciontoli. Ad uccidere il 20enne, secondo I giudici, non è stato tanto il colpo accidentalmente esploso, quanto il ritardo, i circa 110 minuti, quasi due ore di attesa prima di chiamare i soccorritori. I giudici si sono convinti che il tempo perso nella vana attesa di un “miglioramento delle condizioni” di Marco sono serviti ai Ciontoli per depistare le indagini.
“Tutti e quattro hanno partecipato per raggiungere quell’obiettivo” ha detto nella requisitoria il Procuratore generale Olga Mignolo riferendosi oltre che ad Antonio a cui viene addebitata la maggiore delle responsabilità, anche alla moglie Maria Pezzillo e ai figli Martina e Federico che quella sera, accettarono la volontà di Antonio e non chiamarono o soccorsi. Alla lettura della sentenza sono partiti applausi e urla di gioia da parte dei familiari e amici della famiglia Vannini. Adesso che la sentenza è diventata esecutiva per i Ciontoli si aprono le porte del carcere. “Federico si costituirà stasera stessa a Rebibbia accompagnato dalla fidanzata Viola” fa sapere l’avvocato del giovane Domenico Ciruzzi che per il suo assistito parla di clamoroso errore giudiziario.
Ermanno Amedei