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Anniversario della distruzione di Cassino, la storia sembra non aver insegnato nulla

Niente è eterno, neanche la speranza di non rivedere più scene di guerra o il timore che possano scoppiarne ancora. E’ purtroppo, con questo convincimento, a Cassino si è svolta la cerimonia del 78esimo anniversario della distruzione della città. Mentre in piazza Labriola sfilavano autorità civili, religiose e militari dietro al Gonfalone che porta la medaglia d’oro al valor militare, a Kiev e in ucraina continuano a cadere bombe dello stesso tipo che rasero al suolo la cittadina laziale. A distanza di 78 anni, quindi, nulla sembra cambiato. “Molti allora gli sfollati, i profughi, gli orfani che trovarono accoglienza e conforto nella solidarietà italica e negli aiuti internazionali”, parole pronunciate dal sindaco di Cassino Enzo Salera, con la difficoltà, di chi lo ascoltava, di contestualizzarle tanto adatte al “passato remoto” cassinate, quanto al presente delle città ucraine.

“Sono immagini di morti –ha detto Salera-, di feriti, di gente in fuga, di mamme con i loro bambini spaventati e piangenti, di anziani spauriti, di bombe che portano distruzione e morte. Immagini di tante vittime. Di fronte a ciò, non comprendendo la tragedia di quel popolo di combattenti, alcuni arrivano perfino a rimproverare a quel popolo martoriato la coraggiosa resistenza. ‘Non è forse preferibile la resa?’, sentiamo dire da molti.
A tale affermazione –dice ancora Salera- quel popolo dice no! Dice no, per ragioni pratiche, politiche, ideali. Se avessero subito passivamente l’invasione russa, gli Ucraìni sarebbero diventato un popolo asservito, oppresso. Se cessassero di difendersi ora, sarebbe una resa senza condizioni per ripiombare nel destino di servi contro il quale si sono ribellati”.

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