“Verso le ore 9 del 15 febbraio del 1944, di quel triste giorno, le prime fortezze volanti cominciarono a sganciare bombe esplosive, incendiarie, ad alto potenziale, fino a ridurre l’abbazia di Montecassino, monumento d’arte, centro di spiritualità e di cultura, ad un cumulo di macerie informi che seppellirono circa 250 civili. Si erano rifugiati lì, nella disperata ricerca di protezione, convinti che mai l’abbazia sarebbe stata toccata dalla guerra. Lì vollero rimanere, nonostante l’avviso della Quinta Armata con un volantino lanciato dagli americani nel giorno prima su cui era scritto: “Noi abbiamo sinora cercato in tutti i modi di evitare il bombardamento del monastero di Montecassino. I tedeschi hanno saputo trarre vantaggio da ciò. Ma ora il combattimento si è ancora più ristretto attorno al Sacro recinto. E’ venuto il tempo in cui a malincuore siamo costretti a puntare le nostre armi contro il monastero stesso. Noi vi avvertiamo perché voi abbiate la possibilità di porvi in salvo. Il nostro avvertimento è urgente: lasciate il Monastero! Andatevene subito! Rispettate questo avviso. Esso è fatto a vostro vantaggio”.
Come hanno raccontato quelli che da lì ne uscirono salvi, la situazione si fece tragica al solo pensiero di abbandonare l’Abbazia, ritenendo l’uscita un suicidio. Nonostante quell’avvertimento, si sentirono comunque più sicuri dentro le spesse mura di quel luogo sacro.
Il ricordo di quella tragedia, a 79 anni di distanza, rimane vivo nei cassinati sopravvissuti, ora rimasti in pochi e assai avanti negli anni, ma bambini o giovinetti allora. Ricordo che viene puntualmente rinnovato ad ogni anniversario e tenuto vivo da chi ha il compito di trasmettere ai giovani la conoscenza di ciò che è stato. Compito affidato alla Scuola certamente, ai docenti e non solo di questa nostra città, perché la battaglia di Cassino e di Montecassino è di interesse storico sovranazionale; ma compito affidato anche a noi amministratori consapevoli della necessità di coltivare la memoria. Perciò viviamo l’anniversario di ogni anno non come uno stanco rituale cui adempiere, ma con partecipazione profonda, sincera, in sintonia con il sentire dei nostri concittadini. Ciò, ancor più mentre lo spirito dei tempi sembra dire “è roba passata, ormai vecchia, non ci riguarda più”. Noi invece sentiamo il dovere di continuare ad ascoltare i racconti di tanti che questa tragedia la vissero da vicino, ne furono testimoni, vittime, e ci dicono “io c’ero, io ho visto, io vi racconto”. Il ricordo infatti non può dissolversi nel vento. Non siamo stanchi di ricordare, non dobbiamo stancarci di farlo.
Il 15 marzo del 1944, esattamente un mese dopo, nello stesso giorno 15, la stessa sorte dell’Abbazia venne riservata alla città di Cassino, che si trova ai suoi piedi. Fu rasa al suolo con un bombardamento a tappeto. Per sette ore, a ondate successive, quasi 500 bombardieri medi e pesanti, sganciarono oltre un migliaio di tonnellate di bombe. Alcune caddero anche nei settori dei soldati alleati, provocando morti e feriti.
Molti gli sfollati, i profughi, gli orfani che trovarono accoglienza e conforto nella solidarietà italica e negli aiuti internazionali, mentre faticosamente riprenderà, poi, la difficile opera di ricostruzione.
Tornando a parlare di Montecassino, ricordo che il legame della nostra gente con l’Abbazia è forte, assai forte, indissolubile direi. Così come lo è sempre stato. Si pensi, che al rientro nella città distrutta, quando tutto era un cumulo di macerie, i cassinati sfollati che rientravano, che trovavano alloggio – e non tutti – nelle baracche svizzere o riparo in campagna nei resti delle loro case da ricostruire, in un tempo quindi in cui non avevano più nulla ma bisogno di tutto, in quella nera miseria diffusa, alle autorità del tempo chiesero prima di ogni cosa la ricostruzione dell’Abbazia: “Com’era e dov’era”, si disse. E così fu.
Un legame quello con l’Abbazia, un sentimento forte da trasmettere ai nostri giovani, la speranza del domani. E’ nostro dovere ricordare ciò che è stato, ammonire a che non abbia a ripetersi, impegnarsi nella ricerca incessante della pace.
Quest’anno la celebrazione del 79° anniversario della distruzione di Montecassino assume un particolare significato di fronte alla tragedia ucraina le cui crude e raccapriccianti immagini di distruzione e di morte ci giungono puntualmente. Dalla nostra città Martire, decorata di medaglia d’oro al valor militare, rinnoviamo idealmente ma con forza l’invito alla pace, la sollecitazione ai potenti della Terra di continuare ad ascoltare il grido di aiuto che dall’Ucraina giunge sempre più forte a noi. Quel grido che la mia città, così come le tantissime altre del nostro grande Paese, ancor più perché memore della sua storia, non poteva non accogliere. Così come ha fatto inviando da subito i primi aiuti e organizzando l’accoglienza dei profughi, senza dimenticare la condizione dei bambini e il loro bisogno, una volta qui da noi, di frequentare la scuola”.