ORIA (BR). La medicina primitiva è sempre stata legata alla religione ed alla devozione verso divinità salutari. Presso i santuari venivano depositati gli ex voto anatomici o contenitori ed offerte alimentari da parte di chi voleva ringraziare o implorare la sanatio dalle divinità guaritrici. Spesso i votivi costituiscono ciò che rimane della cultura materiale testimone dei comportamenti popolari e delle conoscenze mediche nel mondo antico. Questi reperti, derivati dalle culture religiose indigene e riferite alle donazioni fatte dai devoti, si affermano in modo inconscio anche nell’intero territorio pugliese. Di fatti, dall’VIII secolo a. C., si assiste una grande fioritura di santuari dedicati a divinità medico-salutari o a divinità istituzionali dalle molteplici particolarità alle quali si attribuivano anche proprietà taumaturgiche nel richiedere intercessioni e grazie. Una conseguenza economica e culturale va riferita inoltre alla produzione artigianale degli ex voto che spesso si effettuava nei pressi dei luoghi del culto e, come riferisce Gaspare Baggieri, “le offerte votive potevano consistere in monete o vasellame, tessuti o gioielli, generi alimentari o animali. Tutti questi doni, fatta eccezione per quelli deperibili e per le bestie destinate per lo più ai sacrifici, una volta depositati nel santuario divenivano sacri e intoccabili, in quanto proprietà del dio. Per tale motivo, sistematicamente, di fronte alla necessità di fare spazio a nuove offerte si procedeva allo sgombero del tempio: gli oggetti che erano lì da più tempo venivano rimossi e depositati in stipi votive o in grotte e ripari già esistenti in prossimità dei santuari”. Un esempio notevole di tale innata vocazione cultuale si trovava sulla viabilità principale esistente tra il Golfo di Taranto e l’Adriatico ove prende forma dall’età del Bronzo l’abitato di Oria. Sul Monte Papalucio prese forma, nei pressi di una grotta artificiale, un santuario dedicato a una divinità femminile salutare, da cui provengono numerosissimi materiali di importazione greca e coloniale. Il rituale prevedeva anche il consumo di vino e di cibo. I depositi arcaici, caratterizzati dalla presenza di terrecotte raffiguranti una divinità femminile in trono, hanno restituito anche iscrizioni e altre offerte votive che riconducono al culto di Demetra e Persefone. Tali contesti archeologici consentono di definire una fenomenologia dei paesaggi sacri nella Messapia almeno dal VI secolo a. C. al III a. C . quando tutto il paesaggio salentino risulta fortemente marcato dai segni del sacro: le aree di culto costiere, le grotte sacre nell’entroterra, i santuari all’interno degli abitati ed in prossimità degli spazi agricoli costituiscono un elemento di forte caratterizzazione sanitaria e spirituale delle realtà insediative messapiche. Pertanto lo spazio del sacro nel Salento Messapico, oltre a definire in modo eloquente i punti nodali nel territorio a controllo dei percorsi terrestri e delle rotte marittime, va visto in funzione sociale e legato spesso, ma non solo, al fatto di essere punto di convergenza di istanze socio-culturali ed economiche a livello regionale ove la forma di culto riflette quelle consuetudini dei rituali rivolti alla divinità (sacrificio, libagione, cottura delle carni e pasto rituale, uso di bevande alcoliche, offerta) che a Oria sono riferibili al culto di Demetra e Persefone, dee tutelari della fertilità e della fecondità.
INFO E BIBLIOGRAFIA DI RIFERIMENTO: http://landlab.unisalento.it/oria.html
FOTO: Progetto Land Lab