Agricoltori ancora mobilitati con i loro trattori a Orte. Oggi, per la seconda volta in pochi giorni, i manifestanti hanno bloccato per circa 20 minuti, l’ingresso e l’uscita del casello autostradale per “fare rumore e attirare l’attenzione sui nostri problemi” dice l’organizzatore Tonino Monfeli.
“Qui non abbiamo bandiere di partito o di sindacati, ma solo la bandiera dell’Italia e della Pace e chiediamo che ministero e presidenza del consiglio ci ascolti, altrimenti andremo avanti ad oltranza con manifestazioni sempre più eclatanti”. Monfeli, che produce nocciole, dice di aver organizzato il primo incontro nel suo capannone con 37 agricoltori.
“Oggi, qui ad Orte, ci sono circa 120 mezzi agricoli con 400 persone”. Alle 14 i manifestanti hanno acceso i motori dei trattori parcheggiati in prossimità della rotatoria e hanno bloccato la strada di accesso e uscita al casello dell’A1. Le forze dell’ordine sono intervenute e hanno liberato la strada. Una azione per la quale si rischia la denuncia penale ma la posta in palio “è la sopravvivenza delle nostre aziende” dice Monfeli. La grande distribuzione “riconosce un prezzo dei nostri prodotti che non è sufficiente neanche a coprire le spese di produzione ma che, al consumatore finale arriva a costare fino a sette volte il prezzo iniziale. Parliamo di carne, latte, frutta, verdura e tutto ciò che si produce dalla terra. Non vogliamo parlare con assessori provinciali o regionali, vogliamo un incontro con i vertici del Governo perché dovranno essere loro a farsi portavoce dei nostri problemi in Europa”.
Ma in realtà la richiesta degli agricoltori che protestano a Orte è semplice. “Vogliamo – dice Monfeli – che venga stabilito un prezzo minimo dei nostri prodotti, che tenga conto delle spese che si sostengono per ciascuna coltura o produzione, e un margine di guadagno per noi”. L’esempio che porta Monfeli è quello delle nocciole che lui stesso produce.
“Negli ultimi sette anni il costo di produzione delle nocciole è salito a 300 euro al quintale, ma che rivendo a 200 o, al massimo 220 euro al quintale. Ecco perché mi ritrovo con mezzo milione di euro di debiti. Vado avanti perché ho una azienda che, alcuni anni fa, valeva 2 milioni, oggi, non posso far altro che continuare a lavorare e sperare che la situazione migliori, anche se sto dissipando gli sforzi di una vita. Senza una risposta alle nostre richieste – conclude -, porteremo la protesta fino a Roma”.