Tra gli indagati nel carcere dell’orrore a Milano, anche una cassinate, un pontecorvese e un formiano
22 Aprile 2024Milano – Tra i 22 agenti di polizia penitenziaria indagati per le violenze nel carcere minorile Beccaria di Milano ben quattro sono laziali: si tratta di una donna di Cassino, un agente di Pontecorvo, uno di Roma e un quarto di Formia.
Per il pontecorvese, il romano e il Formiano, il Gip ha disposto la misura cautelare in carcere; la cassinate, invece, risulta soltanto indagata ma senza misure. A vario titolo gli indagati rispondono, oltre alla contestazione per falso ideologico e un caso di tentata violenza sessuale da parte di un agente di polizia penitenziaria nei confronti di uno dei minorenni.
Secondo quanto si legge nell’ordinanza, gli indagati “frequentemente insultavano e minacciavano i detenuti all’interno delle loro celle e li colpivano ripetutamente con schiaffi, calci e pugni. In più occasioni prelevavano con la forza i detenuti dalle loro celle e li conducevano all’interno di una stanza dell’istituto priva di telecamere, dove li aggredivano fisicamente in gruppo, anche utilizzando le manette per immobilizzarli; in più occasioni, dopo aver insultato e aggredito fisicamente i detenuti, li rinchiudevano in celle di isolamento privi di vestiti e di qualsiasi effetto personale, lasciandoli all’interno per ore e, a seguito delle aggressioni, avvicinavano i detenuti minacciandoli di non presentare denuncia per non patire ulteriori conseguenze nel periodo di detenzione.
Un’ordinanza di 120 pagine che è il racconto di una “discesa nell’orrore” di detenuti aggrediti fino a sputare sangue, colpi di scarpone tanto violenti in testa da lasciare l’impronta sulla nuca piuttosto che calci al cuore, nei genitali. Oltre a violenze da altri detenuti.
I reati a vario titolo contestati dalla Procura della Repubblica e positivamente vagliati dal Gip in relazione alle condotte degli agenti, riscontrate a partire almeno dal 2022 a oggi e reiterate nel tempo nei confronti di diversi detenuti di età minore, sono quelli di maltrattamenti nei confronti di minori, anche mediante omissione, aggravati dalla minorata difesa e dall’abuso di potere; concorso nel reato di tortura, anche mediante omissione, aggravato dall’abuso di potere del pubblico ufficiale nonché dalla circostanza di aver commesso il fatto in danno di minori; concorso nel reato di lesioni in danno di minori, anche mediante omissione, aggravate dai motivi abietti e futili, dalla minorata difesa e dall’abuso di potere; concorso nel reato di falso ideologico ed infine una tentata violenza sessuale a opera di un agente nei confronti di un detenuto.
Ermanno Amedei