Roma – Mettere a sistema, attraverso la collaborazione di prefetture, procure, università e altri enti di Roma e della Regione Lazio, l’apparato di ricerca delle persone scomparse per garantire la restituzione di una identità alle persone decedute non ancora identificate.
Questo l’obiettivo del “protocollo d’intesa per il rinvenimento di corpi di persone decedute prive di identità” sottoscritto questa mattina a Palazzo Valentini, nella sede della Prefettura della Capitale. L’obiettivo del protocollo, che ricalca l’accordo siglato a settembre dell’anno scorso nella Regione Lombardia, è proprio l’identificazione dei cadaveri non identificati, attraverso una rete istituzionale tecnico operativa in modo che tutte le procedure di riconoscimento vengano accelerate e siano più efficienti.
Le prefetture delle cinque province del Lazio assumeranno il ruolo di coordinamento, istituendo tavoli di lavoro, accelerando le procedure e garantendo la circolazione delle informazioni tra i vari enti, facendo un punto della situazione ogni circa 2 mesi. È fondamentale anche la collaborazione con le università La Sapienza, Cattolica, e Tor Vergata, dove sono presenti i dipartimenti di medicina legale, con laboratori di autopsia e provvisti di tecnologie per l’identificazione del Dna.
Presenti alla firma dell’accordo oltre al prefetto di Roma Lamberto Giannini, il commissario straordinario del governo per le persone scomparse, Maria Luisa Pellizzari, i prefetti di Latina, Frosinone, Rieti e Viterbo. A siglare il protocollo è stata anche l’assessora capitolina alle Politiche sociali, Barbara Funari, nonché i procuratori o sostituti procuratori delle procure del Lazio, e i referenti della direzione regionale integrazione socio sanitaria della Regione. “Questo è un atto importante e di civiltà – ha affermato il prefetto Giannini -. Più di una volta mi è capitato, in maniera casuale, di dare un’identità a persone decedute e scomparse da tanto tempo. Ho potuto toccare con mano quanto sia importante inserirsi nella vita familiare, dare loro delle notizie e portare un po’ di pace, conforto e un diritto a essere identificati e conosciuti. L’accordo perché vengano eseguite. La chiave è il dna che verranno matchate con le famiglie delle persone scomparse. Il ruolo delle prefetture è agevolare la circolazione delle informazioni tra i vari enti. L’accordo vale per tutta la Regione Lazio.”, ha concluso.
“Per noi è fondamentale mettere a sistema un meccanismo e una modalità di comunicazione, mettendo insieme norme e procedure che già esistono – ha commentato il commissario Pellizzari -. Non abbiamo inventato nulla, se non l’individuare una modalità precisa e dettagliata con cui fare veicolare le informazioni su cadaveri non identificati. Questa è la seconda regione in Italia in cui riusciamo a mettere in piedi questo protocollo. A settembre è stato siglato in Lombardia. Il Lazio e la Lombardia esprimono il numero più significativo di cadaveri non identificati. Il numero è molto fluttuante, nel Lazio nel registro dei cadaveri non identificati che raccoglie dati dal 1974 a oggi, sono 261. Quest’anno da gennaio a ora nella regione abbiamo solo 4 cadaveri non identificati tutti incardinati in un processo penale presso le procure competenti. In Lombardia abbiamo avuto dati molto positivi, dall’atto di operatività del protocollo”.
Da settembre, su 33 cadaveri non identificati, 19 sono stati identificati compiutamente, 9 sono persone straniere che sono praticamente identificati tramite Afis, con procedure che richiedono procedure e su altri 6 sono in corso degli approfondimenti. “L’obiettivo che noi ci stiamo dando non è solo identificare i cadaveri da qui in avanti ma lavorare anche su cadaveri già rinvenuti e custoditi per riuscire a identificare persone recuperate lo scorso e se possibile andare indietro nel tempo. Il tema è che dobbiamo sfruttare al massimo le opportunità e le tecnologie che nel tempo siamo andati acquisendo in particolare la banca dati del Dna. L’obiettivo è di inserire nella banca dati tutti i cadaveri non identificati, anche laddove non ci sia un procedimento penale. Persone decedute per cause naturali. Anche loro hanno diritto di essere identificati e di essere inseriti in quella banca dati affinché si possa fare un match del Dna”, ha concluso il commissario Pellizzari