I “braccianti” delle piazze dello spaccio a Tor Bella Monaca invadono cantine e terrazzi, residenti esasperati

30 Giugno 2024 0 Di redazione

Roma – Appartamenti Ater occupati abusivamente e usati per spacciare droga, cantine e terrazzi occupati, invece, dai “braccianti” e dalla manovalanza straniera che serve ai clan per gestire l’indotto dello stupefacente.

E’ quanto accade a Roma, a Tor Bella Monaca, nelle quattro “torri” di via Santa Rita da Cascia, ma è facile credere che il fenomeno sia generalizzato e riguardi anche altre zone.

E’ fatto noto che gli spacciatori italiani, o comunque quelli che gestiscono le piazze dello spaccio, vivono nelle case popolari occupate abusivamente e da lì gestiscono la vendita della droga. Come qualsiasi altra azienda, anche lo spaccio ha bisogno di manodopera, vedette e corrieri, che viene rimediata a buon mercato tra gli stranieri principalmente nordafricani. Gente comunque disperata che deve trovare una sistemazione per vivere e la cerca in prossimità del luogo in cui “lavora”. Di conseguenza, ogni anfratto della “torre” è buono per dormire o per essere usato come bagno.

Da questo nasce un ulteriore problema per la gente che vive nelle palazzine in questione e che non ha nulla a che spartire con i traffici della droga. Da tempo, ormai, hanno dovuto imparare a convivere con lo spaccio. Il problema nuovo sono le persone che dormono sui pianerottoli di casa, o nelle cantine, o anche sul terrazzo; le si trova anche sulle impalcature edili con le quali, l’Ater sta effettuando da oltre due anni lavori di manutenzione.

“Non siamo padroni neanche dentro casa nostra” dice Tiziana Ronzio, presidente dell’associazione Tor Più Bella che da anni si batte contro i clan dello spaccio nel tentativo di “sfrattarli” dalla zona e, in particolare, dalle case popolari. Ha quindi dato vita ad una ulteriore forma di protesta che punta a sensibilizzare le istituzioni affinchè si acceleri con gli sfratti degli occupanti abusivi, in particolare di chi spaccia, e si presti maggior attenzione agli spazi condominiali impedendone la trasformazione in bivacchi.

“Case per famiglie e non per tossici”, oppure “Siamo donne, siamo mamme, siamo tante e siamo stanche”, ma anche “Quando l’ingiustizia diventa legge, la resistenza diventa dovere” sono i messaggi contenuti sugli striscioni affissi davanti alle palazzine popolari. “Ci battiamo contro questo sistema – dice Ronzio – che ci porta ad avere per casa persone che non conosciamo e che neanche le forze dell’ordine conoscono”.

Seppure il malumore è generalizzato in pochi hanno il coraggio di parlare. Coraggio che non manca a Franca Foggia, residente della Torre 30 la quale ci dice che vorrebbe mostrarci “in che condizioni è il terrazzo, ma non è sicuro andarci. Gira gente armata e non vedono di buon occhio le visite”. Anche le cantine al piano interrato non sono sicure.

“Io stessa ieri mattina – dice ancora la residente – ho scritto all’Ater per rinunciare all’utilizzo di quel locale e per staccare la corrente. La stessa cosa lo hanno fatto anche molti altri. A che serve essere intestatario di una cantina dove non puoi andare perché temi di essere aggredita”.

La donna mostra il locale contatori e il groviglio di cavi elettrici che, come una ragnatela, si ramificano da un contatore all’altro. Sono gli allacci abusivi degli alloggi occupati; “solitamente si collegano al contatore delle scale o dell’ascensore ma capita anche che qualche residente ha scoperto allacci abusivi sul proprio contatore”. Chiudere il portone non basta.

“Ci sono due uscite. Abbiamo per anni tentato di chiudere entrambi i portoni; abbiamo cambiato le serrature innumerevoli volte; ma chi vive nella palazzina ha diritto ad avere le chiavi” quindi, dopo poco pochissimo tempo la situazione la manovalanza dello spaccio è tornata a riappropriarsi di cantine, terrazzi e pianerottoli. Il protrarsi dei lavori per il rifacimento delle pareti esterne non aiuta.

“Ho dovuto mettere le tende alle finestre perché vedevo sempre gente che passeggiava sui ponteggi; ho anche dovuto montare un videocitofono al portone perché, prima di uscire, devo accertarmi che sul pianerottolo non ci trovo qualcuno. Prima di rifare il ‘make up’ all’esterno del palazzo – dice sconsolata la donna – serviva farlo prima all’interno, mandando via chi spaccia”.

Ermanno Amedei