Attualità – Mettersi in proprio o lavorare come dipendente di un’azienda? Questo è uno degli interrogativi più spinosi che si presentano nella vita lavorativa di molti professionisti, indecisi se puntare sul proprio spirito di intraprendenza e la voglia di autonomia o preferire uno stile di vita più comodo e meno rischioso ma con un compenso pressoché predeterminato. Ovviamente ogni strada comporta dei vantaggi e degli svantaggi e non c’è una risposta univoca alla domanda. La distinzione tra lavoro autonomo e subordinato non può essere ridotta semplicisticamente a una valutazione di convenienza o preferenza personale, poiché coinvolge profonde differenze strutturali di tipo giuridico, organizzativo e finanche psicologico. Qui proviamo ad evidenziare quali sono le principali differenze da tenere in considerazione tra le due opzioni.
L’aspetto giuridico
Il primo punto riguarda la natura del rapporto giuridico instaurato tra il lavoratore e il soggetto che riceve la prestazione. Nel caso del lavoro dipendente, il lavoratore è legato a un datore di lavoro da un rapporto di subordinazione che lo obbliga a svolgere la propria attività sotto la direzione e il controllo del datore stesso. Questo rapporto implica l’obbligo del lavoratore di rispettare orari e modalità di esecuzione prestabiliti, nonché di attenersi alle direttive impartite.
Nel lavoro autonomo, invece, il professionista agisce in modo indipendente, senza vincoli gerarchici o direttive esterne, assumendosi la piena responsabilità della gestione della propria attività e del rapporto diretto con i clienti. L’autonomia del lavoratore autonomo si manifesta nell’organizzazione libera del proprio lavoro, che comprende la scelta dei tempi, dei luoghi e delle modalità di esecuzione delle attività. Per quanto riguarda l’Italia si tratta di una condizione molto diffusa. Il nostro Paese è primo in Europa per numero di autonomi. Stando alle statistiche del luglio scorso gli autonomi negli ultimi 12 mesi sarebbero aumentati di 249mila unità tornando ai livelli pre-pandemia.
L’aspetto economico
Secondo importante aspetto è quello che riguarda il compenso, ed è particolarmente rilevante. Sul piano economico, le modalità di retribuzione e gestione delle risorse differiscono in maniera significativa. Il lavoratore dipendente percepisce uno stipendio fisso e predeterminato, talvolta integrato da bonus, tredicesima o quattordicesima, a seconda del contratto collettivo di riferimento. Il versamento delle imposte e dei contributi previdenziali è gestito dal datore di lavoro, così come l’accantonamento delle somme relative al trattamento di fine rapporto. Inoltre, il dipendente gode di un’ampia tutela giuridica, che prevede diritti a ferie retribuite, periodi di malattia e congedi di maternità o paternità.
Il lavoratore autonomo, invece, non beneficia di una retribuzione garantita e fissa, poiché il guadagno dipende dalle commesse acquisite, dalla loro frequenza e dall’effettivo pagamento da parte dei clienti. Le responsabilità fiscali e contributive sono interamente a carico dell’autonomo, il quale deve gestire direttamente le scadenze e gli adempimenti previsti dalla legge. Vale la pena sottolineare che comunque esistono soluzioni assicurative che possono sostenere gli autonomi nella loro scelta aiutandoli ad affrontare al meglio il rischio economico. Un classico esempio sono le soluzioni di assicurazione sanitaria o le specifiche polizze infortuni. Consultando la migliore polizza di assicurazione infortuni emerge che viene offerta una copertura sia per gli infortuni professionali che extraprofessionali: viene garantita una protezione ampia che può rivelarsi preziosa per chi svolge attività di lavoro autonomo come liberi professionisti, artigiani, ed altre figure.
L’organizzazione del tempo
Terzo punto: l’organizzazione del tempo e dell’ambiente di lavoro. La giornata del lavoratore dipendente in linea di massima è caratterizzata da orari fissi e da un luogo di lavoro stabilito, come l’ufficio o un’altra sede aziendale. Questa struttura comporta da un lato un limite nella gestione personale del tempo, ma dall’altro fornisce un riferimento chiaro e un confine netto tra vita professionale e privata.
Dall’altra parte, intanto, il lavoratore autonomo, pur potendo sfruttare una maggiore flessibilità nell’organizzazione del proprio tempo, spesso si trova ad affrontare un impegno più esteso, con giornate lavorative che possono superare le canoniche otto ore e includere weekend e festività, specialmente nelle fasi iniziali di avvio dell’attività. La libertà di lavorare in qualsiasi luogo è compensata dalla necessità di trovare ambienti adeguati per essere produttivi, che spesso si traducono in studi privati o spazi di coworking.
Il fattore certezza-incertezza
Sul piano psicologico, il lavoro dipendente garantisce una stabilità maggiore rispetto al lavoro di un libero professionista autonomo o di un freelance, poiché la certezza della retribuzione fissa e la presenza di tutele legali riducono i rischi finanziari e le incertezze. La dipendenza dal datore di lavoro implica una minore autonomia decisionale, ma al contempo permette di staccare la spina al termine della giornata lavorativa, evitando che le preoccupazioni professionali si estendano nella sfera privata.
Diversamente, il lavoro autonomo comporta un livello di rischio più elevato, legato alla variabilità delle entrate e alla necessità di garantire costantemente nuovi incarichi. Tuttavia, per molti, l’indipendenza nella gestione delle proprie attività rappresenta una fonte di motivazione e soddisfazione che supera l’ansia delle incertezze economiche. La responsabilità di decidere come e quando lavorare è un’arma a doppio taglio, che richiede al professionista di essere altamente organizzato e disciplinato per evitare situazioni di sovraccarico o burn-out.
Il fattore socialità-isolamento
Infine, un aspetto cruciale da considerare in una completa analisi dei pro e dei contro tra le due modalità lavorative riguarda la socialità e l’ambiente professionale. Il lavoro dipendente offre maggiori occasioni di interazione quotidiana con colleghi e superiori, promuovendo il senso di appartenenza a un gruppo e la collaborazione, che può favorire la crescita personale e professionale.
Il lavoro autonomo, invece, spesso implica un’attività svolta in solitudine, che, se da una parte rappresenta una condizione di libertà e indipendenza, dall’altra può rivelarsi fonte di isolamento e stress, soprattutto in assenza di una rete di supporto o di collaboratori fidati.