
Cassino – impianto di biogas in zona Cerro, il Tar dà ragione al Comune
24 Marzo 2025Il Tar, nel ricorso della Neoagroenergie s.r.l. per il diniego alla realizzazione di un impianto di biogas in zona Cerro, ha dato ragione al Comune di Cassino ed ha anche respinto la consistente richiesta risarcitoria nonché condannato la società al risarcimento delle spese di lite oltre agli accessori di legge. I cittadini di quella zona, ma non solo loro, possono tirare dunque un sospiro di sollievo. Si tratta, infatti, di un impianto di consistenti dimensioni, di natura semi-industriale, di rilevante impatto ambientale, ricadente peraltro in zona sottoposta a vincolo paesaggistico. Comprensibili quindi le preoccupazioni e le voci allarmistiche a suo tempo levatesi dalla zona. A sostegno delle ragioni del no al progetto, si era costituito anche un comitato (“Allerta Cerro”) che ha condotto una vigile battaglia con frequenti incontri in Comune con il sindaco Enzo Salera e con l’Amministrazione comunale. La problematica era approdata pure in consiglio comunale con interrogazioni di singoli consiglieri.A porre in evidenza il rilievo che la Neoagroenergie s.r.l., già destinataria di incentivi pubblici alla produzione di biometano ed ammessa a fruirne, ha attribuito alla cosa è il numero dei legali impegnati in questa controversia. Ben quattro di un rinomato studio legale romano di via Pinciana: gli avvocati Francesco Sciaudone, Bernardo Giorgio Mattarella (figlio del nostro Presidente della Repubblica n.d.r.), Flavio Iacovone e Rosaria Arancio. Il Comune di Cassino è stato rappresentato e difeso dall’avv. Alessandro Longo le cui argomentazioni sono state condivise e recepite dall’organo giudicante. In particolare, come si legge in un punto della sentenza, “l’insistenza sull’area di sedime del progetto di due diversi vincoli paesaggistici sottaciuti dalla ricorrente nella propria denuncia di inizio d’attività…; l’erroneità della procedura seguita in ragione della potenza dell’impianto; la mancata dimostrazione della completa disponibilità dei suoli interessati anche dalle opere di allaccio alla rete elettrica; la radicale incompatibilità della zonizzazione agricola dell’area con il progetto di costruzione di un impianto di produzione di energia elettrica; la mancanza di una viabilità adeguata; l’assenza di valutazione dell’impatto odorigeno della struttura, oltre al mancato avvio dei lavori entro il termine prescritto dalla legge”. In definitiva, dagli atti del processo è emerso con chiarezza l’esistenza di un vincolo riguardante terreni coperti da foreste e da boschi e quelli sottoposti a vincoli di rimboschimento “ la cui esistenza – scrivono i giudici amministrativi – è stata sottaciuta sin dall’inizio dall’interessata ( la società n.d.r.) con ogni intuibile negativa conseguenza non solo sul consolidamento della P.a.s. (Procedura abilitativa semplificata) ma anche sull’opportunità al potere di riesame del Comune di Cassino di un affidamento meritevole di tutela che vada bilanciato con l’interesse pubblico”.Dal fascicolo processuale è emersa anche la sussistenza di un ulteriore vincolo paesaggistico. Riguarda il Rio Poppeto (già Rio Chiappeto), non un rio minore, come sostenuto dalla società ricorrente, “ma un’acqua pubblica vera e propria – si legge nella sentenza – per la quale non consta essere mai stata disposta una declassificazione e che, quindi, è tutelata dalla legge statale, regionale e dal Piano territoriale paesaggistico regionale”.