Carcere al tempo del Coronavirus, avvocato Colella: detenuti a Cassino devono scegliere se parlare con familiari o legale
2 Aprile 2020Cassino – “La voce carica di paura e preoccupazione del detenuto che, dal carcere di Cassino chiama al telefono il suo avvocato al tempo del Coronavirus, lascia il segno. E’ la consapevolezza di chi conosce bene il pericolo delle conseguenze dell’ingresso nel suo carcere del Covid-19. Per fortuna, dice il detenuto, a Cassino fino ad oggi non risultano casi”. E’ l’esperienza che l’avvocato Marina Colella racconta a Il Punto a Mezzogiorno.
“Ma è possibile abbandonarsi al fatalismo e girarsi dall’altra parte? Non c’è più tempo. Il tempo è scaduto. Da giorni che noi avvocati penalisti denunciamo questa tragedia nella tragedia.
La telefonata però contiene qualcosa di più. Contiene il senso del distacco col mondo, contiene il terrore di non poter comunicare con i familiari e con il difensore, di non poter telefonare, di dover centellinare i contatti molto di più di quanto avveniva prima dello scoppio della pandemia.
Il virus si sta diffondendo nelle carceri -dice l’avvocato- E’ di oggi la notizia che il Coronavirus è entrato nel carcere di Roma di Rebibbia femminile. Due medici di servizio sono risultati positivi e otto detenute sono state sottoposte al tampone e si attende l’esito. Già in altri istituti penitenziari ha iniziato a diffondersi. Il comunicato stampa del Dipartimento dell’amministrazione penitenziaria (Dap) aggiornato al 31 marzo 2020 indica un totale di 19 detenuti risultati positivi, su una popolazione di 58.035 unità, mentre fra il personale di polizia penitenziaria sono 116 positivi, su quasi 38mila unità.
Le misure di distanziamento sociale per i liberi non possono valere negli istituti penitenziari. I detenuti vivono a stretto contatto chiusi nelle celle in numero superiore al consentito, senza presidi e senza mascherine.
Tra poco sarà troppo tardi per salvarli. E intanto però le misure adottate dal Governo per tutelarli e preservarli sono sostanzialmente inesistenti. Il livello di civiltà di una società si misura dai diritti riconosciuti agli ultimi diceva Cesare Beccaria. Questo vale anche nei momenti più drammatici della nostra esistenza.
Prima della pandemia l’avvocato si recava regolarmente in carcere a trovare i propri assistiti detenuti. E oltre all’avvocato il detenuto settimanalmente incontrava i familiari. Oggi non è possibile. Oggi gli incontri in carcere sono interrotti con tutti. Oggi, secondo pacifica normativa e regolamenti del Ministero della Giustizia, al detenuto è concesso il diritto di sostituire gli incontri con l’avvocato con video chiamate o chiamate audio. In altri istituti del Lazio, come Velletri, la procedura delle video chiamate tramite whatsapp è già stata attivata e funziona. Attiviamola anche a Cassino, ove attualmente non è disponibile nemmeno la modalità di comunicazione e-mail con il detenuto e comunque facciamo in modo che sia consentito agli ultimi della nostra società di comunicare con l’esterno senza centellinare o selezionare i destinatari: senza dover scegliere se inserire nella lista dei contatti da chiamare il fratello o la sorella o la madre o l’avvocato. Una video chiamata è più controllata degli incontri normali e non espone ad alcun pericolo per la sicurezza.
E’ giusto, -conclude l’avvocato Colella – come va ripetendo in questi giorni il mio maestro, l’avvocato Vincenzo Comi, noto penalista e vice presidente della Camera Penale di Roma: dobbiamo fare tutti il nostro dovere con impegno e sacrificio ma senza accanimenti perché resta solo l’illusione che il carcere è un luogo isolato e che, qualunque cosa succeda dentro, noi che siamo i buoni non avremo effetti”.