Diritto al lavoro per i cittadini disabili: condannata al risarcimento danni l’azienda che rifiuta l’assunzione
13 Gennaio 2012Da Giovanni D’Agata riceviamo e pubblichiamo:
L’azienda è condannata al risarcimento dei danni a seguito della mancata formalizzazione dell’assunzione obbligatoria del lavoratore invalido avviato al servizio dall’amministrazione provinciale.
E’ quanto emerge dalla sentenza n. 236 della sezione lavoro della Cassazione lavoro pubblicata in data 12 gennaio 2012 che Giovanni D’Agata, componente del Dipartimento Tematico Nazionale “Tutela del Consumatore” di Italia dei Valori e fondatore dello “Sportello dei Diritti” riporta.
Secondo i giudici della suprema Corte, tale comportamento della società si è rilevato preclusivo alla possibilità di formalizzare il contratto di lavoro. Il datore di lavoro nel tentativo di difendersi aveva sostenuto che la lavoratrice invalida non si era mai recata nei locali della società per firmare il contratto.
Il lavoratore disabile al contrario aveva dimostrato di essersi recato in azienda dopo aver ricevuto la comunicazione di avviamento al lavoro dall’Amministrazione provinciale. L’ufficio del personale in tale circostanza aveva omesso di formalizzare il contratto di lavoro. Per tale motivo gli ermellini, allora, hanno condannato la società al pagamento del risarcimento del danno per mancata formalizzazione dell’assunzione obbligatoria per i soggetti disabili, sottolineando che “ in assenza di precise indicazioni sulle modalità di verifica della volontà delle parti di addivenire alla stipulazione del contratto di lavoro, deve farsi riferimento al comportamento tenuto dalle stesse, per valutare la conformità ai canoni di correttezza e buona fede. In tema di contratti, infatti, la reciproca lealtà di condotta deve sussistere sia durante l’esecuzione del contratto sia durante la sua formazione e interpretazione, così da atteggiarsi ad obbligo di solidarietà che impone a ciascuna parte di tenere quei comportamenti che siano idonei a preservare gli interessi dell’altra. La clausola di buona fede, imponendo così a ciascuna parte l’obbligo di agire in modo da preservare l’interesse dell’altra, a prescindere dalle specifiche direttive contrattuali, diviene in caso di inadempimento, una violazione che costituisce un vero e proprio inadempimento che comporta il risarcimento del danno.