La crisi Fiat fa paura. Marrazzo fa appello al Governo
30 Gennaio 2009La crisi del settore auto mette a rischio migliaia di posti di lavoro e il presidente della Regiuone Lazio fa appello al Governo. Le cifre che vengono ventilate sono allarmanti: almeno 60 mila i posti a rischio solo tra Fiat e suo indotto, 10 mila dei quali nel Cassinate. Lo stabilimento di Piedimonte San Germano ha alle dipendenze dirette circa 5 mila operai, altrettanti lavorano nelle aziende dell’indotto di primo o secondo livello. Proprio l’indotto comincia a “scricchiolare” e quando si ferma una sola delle aziende che fornisce componenti allo stabilimento automobilistico, le catene di montaggio di Piedimonte sono costrette a fermarsi. Questo perché la Fiat non ha magazzino di componeti e lavora secondo il sistema “real time”, cioè dalle aziende fornitrici di componenti, direttamente alla catena di montaggioattraverso un massiccio impiego di automezzi. Mercoledì, ad esempio, a causa dello sciopero in una azienda venafrana che fornisce pezzi per i sedili, lo stabilimento automobilistico ha dovuto fermare la catena di montaggio per un turno. Ma la situazione è complessa e viene direttamente dalla caduta a picco delle vendite di auto. «La situazione eve essere affrontata con interventi rapidi e decisi. Per questo convocherò nei prossimi giorni le parti sociali per concordare i passi da fare al fine di scongiurare il pericolo che minaccia la Fiat di Cassino e il suo indotto. So bene, tuttavia, che non possiamo agire in solitudine: ecco perchè chiedo che il Governo intervenga tempestivamente per aiutare la Fiat ad affrontare la crisi». Lo ha detto il presidente della Regione Lazio, Piero Marrazzo il quale aggiunge: «con grande preoccupazione le gravi ripercussioni della crisi dell’industria automobilistica sul gruppo Fiat e, in particolare, le pesanti ricadute su Frosinone. Già oggi questa provincia è la prima in Italia per ore pro capite di Cassa integrazione. Non possiamo permetterci ulteriori perdite di produttività – conclude – e posti di lavoro».