Nuove scoperte per prevenire l’Alzheimer nei pazienti ipertesi. Lo studio dei cardiologi Neuromed apre nuove possibilità teurapetiche
5 Giugno 2012È appena stato pubblicato su Hypertension, la più prestigiosa rivista internazionale di ricerche sull’ipertensione arteriosa, edita dall’American Heart Association, uno studio condotto presso l’IRCSS Neuromed dal gruppo del Prof. Giuseppe Lembo e coordinato dalla dottoressa Daniela Carnevale. Il lavoro segna un passo in avanti rispetto alle conoscenze attuali sull’influenza dell’ipertensione arteriosa nell’insorgenza della malattia di Alzheimer evidenziando come la malattia vascolare può influenzare i processi neurodegenerativi che conducono al decadimento cognitivo tipico dell’Alzheimer. Il gruppo di ricercatori al lavoro con il Prof. Lembo ha infatti scoperto che l’aumento della pressione arteriosa altera le cellule endoteliali delle arterie cerebrali, a livello della cosiddetta barriera emato-encefalica, facilitando l’afflusso dei peptidi di beta-amiloide, principali responsabili dei danni al cervello che conducono al morbo di Alzheimer. Lo studio, che è stato ideato ed interamente realizzato al Neuromed in collaborazione con l’Università Sapienza di Roma, ha ricevuto il supporto di alcuni dei migliori gruppi di ricerca statunitensi nel campo del morbo di Alzheimer, quali l’Università di Rochester, l’Università della California e l’Università del Kansas, che hanno messo a disposizione alcuni materiali per sostenere la ricerca. L’aspetto particolarmente rilevante, che è emerso dallo studio, è l’aver rivelato i meccanismi coinvolti a livello molecolare oltre ai fenomeni macroscopici che legano l’ipertensione arteriosa al morbo di Alzheimer. Infatti, è stato dimostrato che il trasporto del peptide di beta-amiloide nel cervello avviene ad opera di RAGE, una proteina che si trova sulla membrana delle cellule endoteliali a livello della barriera emato-encefalica. La quantità di RAGE presente in queste cellule aumenta in conseguenza dell’aumento della pressione arteriosa. Questa importante scoperta comporterà la possibilità di affrontare con nuove terapie le alterazioni nella memoria e nel comportamento, tipiche del morbo di Alzheimer e indotte dall’ipertensione arteriosa, tramite l’inibizione di RAGE mediante approcci di ingegneria genetica e anche con nuovi farmaci recentemente messi a punto. Questo risultato apre interessanti prospettive traslazionali, con la possibilità di una più efficace prevenzione e terapia della demenza di Alzheimer nei pazienti affetti da patologie vascolari.