La Cripta di Montecassino in stile beuronese nel primo centenario di un’impresa artistica benedettina 1913-2013
3 Maggio 2013Mercoledì 8 maggio 2013 alle ore 16,30 nel Salone San Benedetto dell’Abbazia di Montecassino si terrà una Giornata di studio in occasione del primo centenario della nuova Cripta in stile beuronese, inaugurata un secolo fa con la consacrazione dei tre altari il 6 maggio 1913, e la messa pontificale celebrata in Basilica l’8 seguente dal cardinale Pietro Gasparri. Già il 10 febbraio di quello stesso anno papa Pio X aveva solennizzato l’evento con il breve Archicoenobium Casinense.
Il rinnovamento della Cripta con mosaici e sculture, iniziato a partire dal dicembre 1899, comportò fra l’altro la rimozione degli affreschi di Marco Pino da Siena (1517/1522- ca. 1579), irrimediabilmente danneggiati da macchie d’umido, depositi salini, oscuramento dovuto a salnitro e conseguenti crepe. Pertanto la Commissione governativa che presiedeva ai lavori li ritenne non meritevoli di conservazione, anche se Desiderius Lenz, il monaco benedettino che dirigeva la scuola d’arte dell’abbazia di Beuron (Germania), volentieri avrebbe trasferito su tela quanto poteva essere salvato.
Al saluto introduttivo del P. Abate Pietro Vittorelli seguiranno tre relazioni: la prima, di Don Mariano Dell’Omo, dell’Abbazia di Montecassino: Il laboratorio d’arte beuronese a Montecassino. La nuova Torretta e la nuova Cripta: significato e valore di una committenza monastica; la seconda, del Prof. Giovanni Carbonara, Ordinario di Restauro dei monumenti nell’Università di Roma La Sapienza: La Cripta e l’Abbazia: architettura e restauri; infine la terza, del Prof. Mariano Apa, Docente di Storia dell’Arte all’Accademia di Belle Arti di Roma, intitolata: La Cripta a Montecassino, 1913. Racconto iconografico iconologico nell’opera di Lenz, Verkade e Gresnicht della Scuola di Beuron. Il coordinamento e le conclusioni saranno affidati a Don Faustino Avagliano, dell’Abbazia di Montecassino.
Committenza monastica cassinese, restauro, significati artistici della Cripta di Montecassino sono quindi i principali temi intorno ai quali si potrà nuovamente riflettere sull’importanza e sui contenuti di un monumento italiano dell’arte beuronese, che – come ha scritto Olivier Rousseau – «rivela un supremo sforzo di smaterializzazione e di spiritualizzazione delle forme artistiche, sforzo che non si era mai incontrato, tale e quale, nella tradizione cristiana anteriore».
Voglio farvi conoscere qualcosa in più sulla cripta di Montecassino. E’ vero che dal 1899 al 1913 il lavoro delle sculture della cripta furono dirette dal monaco benedettino Desiderius Lenz, dell’abbazia di Beuron (Germania), ma sia il coretto che le statue di San Placido e di San Mauro nelle rispettive cappelle, furono eseguite da una mano italiana (cosa che si nota in modo evidente, perché le sculture eseguite dalla scuola tedesca sono stilizzate – vedasi gli angeli delle due scalinate che conducono alla cripta e quelli nelle parete delle due cappelle – a differenza delle altre del coretto e all’esterno del coretto, a destra e a sinistra, raffigranti le varie virtù). L’artista che l’ha eseguite, collaborato da due fratelli, è il sig. RICCI LUIGI nativo di Cassino. Tale notizia è stata pubblicata in un opuscoletto scritto dal monaco benedettino dom Angelo Pantoni, proprio in un studio sulla cripta da lui effettuato con perizia di particolari. Nella biblioteca monastica esiste anche un libretto sui lavori, contenente principalmente foto dei personaggi che lavoravano nella cripta. Il libretto è scritto in francese, che riuscii a visionare grazie proprio a dom Angelo Pantoni. Nelle foto ebbi la fortuna di ritrovare la foto di Ricci Luigi mentre, seduto (perché aveva una gamba offesa da giovane) scolpiva la statua di san Mauro. Tale foto è stata per me una grande emozione, perché è l’unica foto di mio nonno, che purtroppo morì a Terracina (LT) mentre stava eseguendo una scultura in onore di Enrico Toti, e quando mio padre aveva 14 anni (1929). Emozione non solo mia, ma potreste immaginare anche quella di mio padre e del fratello e sorelle sopravvisute al conflitto bellico che distrusse Cassino e Montecassino. Voglio inoltre farvi notare un particolare che mi rivelò proprio un monaco di Montecassino, che era vissuto in quel periodo dei lavori: scendendo la scalinata sinistra della cripta, sulla parete destra, ingresso cappella san Placido, e parete sita all’ingresso del coretto, mio nonno, poiché non potevano apporre i propri nomi, in quanto vi erano altri artisti, “furbescamente” lasciò la sua firma: su una chiocciola scolpita appose la data dei lavori finiti (1913); a fianco scolpì un “riccio” (corrispondente a RICCI) e in alto su un angelo scolpì un’ “allodola” (LUIGI, in latino ALOISIUS). Senz’altro suggerito ciò da un monaco, perché mio nonno era uno scultore, ma purtroppo analfabeta. Sapeva ben ricopiare le scritte, ma non era un letterato. Quanto ho scritto è per rendere memoria a mio nonno, ma anche per evidenziare che anche noi abbiamo degli artisti, che in quello tempo chiamavano semplicemente “scalpellini”, ma erano molto di più, e l’opera, che si è salvata dal bombardamento, lo testimonia.
Se volete approfondire l’argomento della cripta, suggerirei di fare una ricerca nella biblioteca monastica di Montecassino e leggere l’opuscolo su menzionato, scritto dal suddetto dom Angelo Pantoni, che fu un architetto affermato, e presidente degli architetti e delle belle arti di Frosinone, negli anni settanta del secolo scorso.