Spari in centro a Cassino mentre “domina” l’undicesimo Comandamento
6 Gennaio 2015Da Dante Sacco, riceviamo, condividiamo e pubblichiamo
Undicesimo comandamento. Farsi i cazzi propri. Pensare solo ai propri affari. Fregarsene se la violenza stende i suoi tentacoli sulla città pur di salvare la pancia piena ed il portafoglio gonfio.
Ma basta questo per vivere bene o anche solo per sopravvivere?
Chiedetelo ai cittadini che lunedì, in viale Bonomi, si sono trovati al centro di una sparatoria. Chiedetelo agli avventori dei bar, ai Cassinati che hanno assistito ad un episodio di tipo mafioso, chiedetelo a chi ha avuto paura, chiedetelo a chi ha un’attività turistica e/o commerciale e non trova clienti, chiedetelo ai genitori dei ragazzi rovinati per sempre dalle droghe, a chi ogni giorno rischia il lavoro e a chi il lavoro non lo avrà mai…
Undicesimo comandamento. Farsi i cazzi propri. Poche ore dopo l’ultimo efferato gesto la pasquetta dell’Epifania ed i veglioni. Come se niente fosse accaduto. Canti, feste e balli fino alla mattina. Come se niente fosse accaduto. Come se nulla fosse accaduto. Ma davvero c’è così tanto da festeggiare?
Undicesimo comandamento. Può una città sopportare che si spari nelle sue strade, che si avvelenino con le droghe i suoi giovani? Può un città di trentacinquemila abitanti sopportare la reiterazione di due sparatorie in due giorni?
Senza che si levi una sola protesta. Senza che nasca la richiesta forte di intervento? Senza che le centinaia di associazioni, clubs, circoli, partiti, consiglieri comunali e provinciali dicano immediatamente una sola parola?
L’undicesimo comandamento è figlio della paura. Farsi i cazzi propri per il cittadino comune, per l’imprenditore, a volte, è questione di sopravvivenza. Il cittadino ha diritto anche ad avere paura? Forse.
Ma questo diritto non può e non deve essere concesso a chi rappresenta le istituzioni. A chi ha richiesto il mandato ai propri concittadini anche per difendere la città e per garantirne la sicurezza.
Undicesimo comandamento. Si rischia di trasformarlo nel tanto si sparano tra di loro. Chiedetelo ai genitori che non riescono più a stare tranquilli quando i loro figli escono la sera. Chiedetelo ai turisti che non prenoteranno o disdiranno le loro vacanze, agli albergatori che vedranno calare le presenze.
Chi spara spara anche sulla sicurezza, l’economia, lo sviluppo della città e della comunità , la speranza ed il futuro nostro e quello dei nostri ospiti.
Sono anni che la camorra ha esteso i suoi tentacoli su questa città , con la probabile complicità di amministratori e quant’altri. Questo, unito all’atteggiamento “guappistico” che ha sempre contraddistinto una parte della gioventù cassinate, affascinata e corrotta dal mito “camorra”, ha creato la situazione attuale, in mezzo all’indifferenza di chi credeva che si trattasse di bravate da bulletti di strada. Ora avete capito che cosa è veramente Cassino: una città malata, in cui ognuno pensa al proprio tornaconto e si permette ad un branco di ragazzini di atteggiarsi a provetti “Genny Savastano , a cui basta mettersi una pistola in tasca ed avere un atteggiamento “malavitoso” in una zona nevralgica (Piazza Labriola), per poter comandare quella che comunque è una citta medio-piccola: non siamo Roma o Napoli, disinteressarsi di questa gente significa avergli venduto l’intero comune. Ora vi fate in culo, scusate il termine.
Cassino è il posto più osceno della terra. Un gruppo di panzoni convinti di rappresentare qualcosa passa le giornate a scaldare le sedie dei bar del corso, coprendo camorra e quanto a essa assomiglia, e pippando a tutta callara. Basterebbe fare il giro di qualche baretto e di qualche pub fuori mano, per sgominare i traffici di cocaina di tutto il litorale, e del centro sud. Per non parlare dello stalking organizzato da questi bravi papà di famiglia.
Brutti panzoni.