Carabinieri “armati di libri” contro la violenza di genere, a Gaeta il generale Garofano e il capitano Lavecchia
17 Marzo 2015“Mi chiamo Beba†e “I Labirinti del Maleâ€. E’ con la cultura e l’educazione, quindi anche con i libri, che due ufficiali dell’Arma dei Carabinieri cercano di dare il loro contributo per arginare il drammatico fenomeno del femminicidio, o, comunque, della violenza sulle donne.
Ieri sera, la chiesa sconsacrata della Sorresca a Gaeta ha fatto da teatro alla presentazione di due libri, entrambi editi da Infinito edizioni, che trattano l’argomento utilizzando strumenti diversi, ma arrivando alle stesse conclusioni. Al tavolo dei relatori il generale Luciano Garofano ex comandante del Ris di Parma, noto per aver investigato sui principali casi di cronaca nera, e attualmente per essere ospite fisso nella trasmissione Quarto Grado; il capitano Palma Lavecchia , ambasciatrice del telefono Rosa, l’ex assessore provinciale di Latina Fulvia Frallicciardi e Lucia Maltempo.
A fare da cornice all’iniziativa volta alla “tutela del rosaâ€, c’erano due giovanissime artiste, Francesca Colacioppo di Lanciano che, con i suoi quadri ha dato un tocco di allegro colore all’intera manifestazione, e Annalisa Imperatore di Alatri che ha allietato, con la sua splendida voce, i tanti presenti. Garofano, autore di “I labirinti del Male†affronta la problematica dei maltrattamenti e dello stalking, in genere in maniera tecnica, prendendo spunti da alcuni emblematici casi, ma anche studi statistici che dimostrano come il problema non è mai stato affrontato in maniera concreta.
(Riprese e Montaggio video Giuseppe Miele – actionstreamtv@gmail.com)
Nel suo intervento il generale ha dimostrato una profonda sensibilità e insofferenza per la situazione di stallo sull’argomento violenza di genere e ha fornito dati secondo i quali è dal 1990, che il fenomeno dei femminicidi si mantiene costante, anno per anno. Che mentre per gli omicidi in genere lo Stato ha saputo dare risposte per arginare il fenomeno e contenerlo in dimensioni accettabili, per i femminicidi, quegli omicidi frutto della brutalità dell’uomo sul sesso debole, non si è fatto nulla. Una situazione che lo ha portato a dire in maniera cruda “Lo Stato non ha voluto cercare soluzioniâ€, ma ha anche puntato l’indice contro la società in genere. “Restiamo indifferenti a ciò che ci accade attorno e roppo spesso – ha detto – tiriamo un sospiro di sollievo quando le cose succedono agli altri e non a noiâ€. Preoccupazioni che si fondano su una educazione che viene meno verso i giovani, gli unici a poter cambiare questa tendenza ma le prospettive sono tutt’altro che rosee. “Un uso smisurato di internet; un uso troppo spesso improprio dei social network anche da parte di giovanissimi, di coloro che dovrebbero essere tutelati e non esposti ai pericoli che circolano in reteâ€. Educare i giovani quindi al rispetto degli altri, ed in particolare, educare gli uomini del futuro a rispettare le donne. “Un uomo violento ha alle spalle un passato di violenzaâ€.
Garofano e Lavecchia ne sono certi, e questo è uno dei maggiori punti di contatto di due libri, uno un romanzo e l’altro più tecnico, che in più punti raggiungono le stesse consapevolezze: anche i carnefici, nei casi di violenza sulle donne, hanno bisogno di cure. Il capitano, nel suo intervento attraverso cui ha illustrato il suo libro “Mi chiamo Beba”, ha voluto soffermarsi sulle difficoltà che deve superare una donna quando si tratta di denunciare una violenza subita. “Magari non è entrata mai in una caserma o in un commissariato neanche per denunciare la scomparsa di documenti, si trova a dover raccontare cose intime a persone che non sono preparate a svolgere quel ruoloâ€. Quindi, l’autrice consiglia alla vittima di cercare dei riferimenti che possano guidarla in un percorso di apertura e consentirle di approdare con maggior consapevolezza alle tappe che la denuncia, che senza dubbio dovrà esserci, implicherà . Il messaggio, pertanto, è rivolto anche a chi è più vicino alle vittime, affinché conquistino lentamente la loro fiducia, scardinando così il rapporto di patologica complicità che questa intrattiene con il suo carnefice.