Liberate dagli aguzzini, le prostitute rumene si mettono “in proprio” tra Frosinone e Cassino
28 Luglio 2015La polizia ha aperto la gabbia ma loro non sono scappate. Molte delle prostitute rumene sfruttate della banda di loro connazionali e per questo arrestati dagli agenti della Squadra Mobile a giugno, liberate dai loro aguzzini, continuano a prostituirsi. Il dirigente della Mobile Carlo Bianchi non ne fa mistero. “Delle sei ragazze costrette a prostituirsi dal gruppo di rumeni arresti a Giugno, due continuano la loro attività nella zona industriale dove già lavoravano per i loro aguzzini, di altre quattro non sappiamo che fine abbino fatto ma probabilmente hanno cambiato piazzaâ€. La riprova sono le continue operazioni di controllo svolte dagli agenti delle volanti dirette dal vice questore Giuseppe Di Franco a Frosinone e del vice questore Cristina Rapetti a Cassino. Le prostitute sono tutte la e nelle serate passate 9 giovanissime rumene tra i 20 ed i 22 anni sono state accompagnate in Questura. E’ evidente quindi, che molte delle ragazze “liberate†dal cappio dei loro aguzzini che con pestaggi e maltrattamenti vari le costringono a prostituirsi consegnando il 90% del guadagno, rimangono in attività . Il loro guadagno si aggira attorno ai 500 euro per sera e se prima lavoravano accontentandosi di un misero 10%, era facile ipotizzare che difficilmente avrebbero smesso di fronte alla possibilità di mantenersi tutto il guadagno. Questo, fino a quando altre bande non prenderanno il sopravvento della piazza. La situazione è monitorata però dalle forze di polizia e, del resto, monitorare l’attività degli sfruttatori è l’unica cosa che la forza pubblica può fare. Se sfruttare la prostituzione è reato, non lo è prostituirsi.
Er. Amedei
In ambito di prostituzione tra soggetti maggiorenni, mi domando il motivo per il quale a cadere vittime della tratta di persone a sfondo sessuale debbano essere sempre le donne straniere, mentre quelle italiane ne debbano essere quasi esenti, sia in Italia, sia all’estero ed il motivo per il quale i marciapiedi del sesso a pagamento si svuotano durante le vacanze natalizie e pasquali, per non dire di osservare le stesse professioniste con uno smartphone in mano ed anche un’autovettura a disposizione. La risposta a tutto questo è quella che la schiavitù del sesso a pagamento non è molto diffusa.
Difatti, le leggi italiane obbligano a reprimere la schiavitù e lo sfruttamento dell’altrui prostituzione e non certo a perseguire chi esercita il meretricio e/o se ne avvale nella maggiore età e consensualità , in nome della libertà democratica.